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In 10 anni addio a metà delle concessionarie auto italiane

Periodo delicatissimo per le concessionarie auto italiane: in 10 anni addio a metà di loro. Servono incentivi

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Che brutto momento fra pessime news e rincari: in 10 anni, le concessionarie auto italiane sono quasi dimezzate crollando dalle 2207 del 2011 alle 1220 di oggi. Ovvio: le vendite fanno su e giù. Da 1,75 milioni di immatricolazioni registrate all’inizio dello scorso decennio, si è scesi alle 1,46 milioni di oggi: erano 2 milioni nel 2017. Lo dice la 12esima edizione dell’Automotive Dealer Report 2022 di Italia Bilanci e di Anticrisi Day.

Concessionarie auto: chi spicca

Bene Autotorino, il dealer italiano più grande con 1,12 miliardi di euro di fatturato (10 anni fa, con 98,9 milioni, era 42esimo). Poi Eurocar Italia 1,15 miliardi. Rispetto al 2009, quattro dei primi sei gruppi di concessionarie sono scomparsi. Tranne Intergea (4°) e Fassina, tuttora in attività e posizionati egregiamente.

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Servono incentivi mirati

Servirebbero incentivi mirati. Ma ecco la doccia fredda. L’Unrae (Case estere) manifesta “estrema preoccupazione” per il ventilato taglio dei tetti di listino (price cap) delle auto che dovrebbero beneficiare del nuovo ecobonus. Sentito alla Camera per la conversione in Legge del Decreto-Legge, 1° marzo 2022, (Decreto Energia), il presidente Unare Michele Crisci ha affermato che l’eventuale taglio dei price cap sarebbe da considerarsi estremamente controproducente. Per la concorrenza: perché escluderebbe un gran numero di player dagli incentivi. E per i consumatori, che avrebbero una minore scelta di prodotto. Nonché per l’Erario, che avrebbe minori incassi IVA a parità di incentivi.

Crisci ha inviato una lettera firmata insieme a Federauto e inviata ai ministri Giorgetti, Franco, Cingolani, Giovannini e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Garofoli: c’è preoccupazione. Per il drastico taglio del 30% dei tetti di listino per la fascia 0-20 g/km CO2, ridotta da 50 mila euro a 35 mila euro.

Questa misura presenta profili di dubbia legittimità. Potrebbe avere impatti molto negativi sullo sviluppo della mobilità a zero emissioni, e che non porterebbe alcun vantaggio ai consumatori, ma solamente ad alcuni Produttori, dice.

La stragrande maggioranza dei veicoli costruiti all’estero incorporano valore aggiunto italiano, ossia componentistica prodotta da imprese operanti in Italia. La distribuzione e l’assistenza dei suddetti prodotti garantisce l’occupazione di circa 160.000 lavoratori italiani. La richiesta è quella di mantenere la preesistente soglia dei prezzi di listino per la fascia 0-20 g/km CO2.

Che cosa e quando decideranno i ministeri? Entro fine marzo 2022. C’è tensione crescente.

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