Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina… Il settore automotive proprio non riesce a trovare pace e anche in Italia si accusa la pesante crisi che sta affliggendo il sistema a livello mondiale. A dimostrarlo i recenti numeri di mercato, tutto fuorché felici. I livelli delle immatricolazioni delle auto sono letteralmente crollati, tanto da aver accusato durante il mese di marzo un pesante passivo rispetto solo al 2021. Non che allora si navigasse in buone acque, date le pesanti ripercussioni dell’emergenza sanitaria. Eppure, talvolta al peggio non c’è davvero limite. E così i volumi commerciali lungo la nostra penisola sono scesi a quelli del 1967. In un periodaccio simile è piuttosto ovvio che nel quartier generale di Stellantis stiano pensando a una politica di razionalizzazione dei costi.
Ma al di là del conglomerato italo francese, ci rimettono pure le ditte correlate. Nell’indotto del colosse automotive di Cassino sono andati persi quasi 100 posti di lavoro nel primo trimestre dell’anno in corso. Tra le aziende obbligate a chiudere definitivamente i cancelli, gli effetti socio-politici saranno sempre più evidenti.
Stellantis: una brutta tegola sull’occupazione
Eppure, Fca Cassino Plant, a dispetto della crisi (peggiorata pure dalle difficoltà nel reperire i microchip), è riuscita e riesce tuttora a salvaguardare l’occupazione. No, nessun numero di magia. Semplicemente, almeno per il momento, ci pensano gli ammortizzatori sociali. La classica soluzione temporanea che non deve fare però perdere di vista il quadro generale della situazione. Un problema c’è, esiste e negarlo sarebbe controproducente. Del resto, come abbiamo già detto in precedenza, si contano già le prime vittime nell’indotto. Dettate non solo dal calo delle committente, motivo dietro alla scarsità della produzione.
Ciò dipende pure dal nuovo corso intrapreso dall’attuale amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, volto a razionalizzare le uscite. Proprio in occasione della sua visita a Cassino, il CEO del Gruppo nato dalla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e PSA, si complimentò con il management ed evidenziò il ruolo di attore protagonista ricoperto dalla fabbrica pedemontana. Allora sottolineò quanto fossero alti i costi di produzione in territorio italiano.
Insomma, l’alto dirigente aveva messo in guardia sulle sofferte decisioni future. Ebbene, il tempo di stringere la cinghia è arrivato. Dalla teoria si passa adesso ai fatti. L’ultima azienda in ordine cronologico dell’indotto di Cassino a chiudere baracca e burattini è quella che operava per conto della Sevel di Atessa. Qui prestavano servizio 38 operai e l’obiettivo era di coprire internamente il furgone realizzato presso la struttura abruzzese. La cosiddetta schiumatura, come viene definita in gergo tecnico. Tale attività è stata assorbita nell’impianto centrale in Abruzzo.
Tirano le cuoia pure le compagnie dell’indotto addette a occuparsi del c.d. sequenziamento di Stelvio e Giulia ovvero i veicoli marchiati Alfa Romeo creati a Cassino. Ognuno contava su circa 30 dipendenti, per un totale dunque intorno ai 60. Mentre scriviamo, Stellantis ha internalizzato il servizio in fabbrica. Ergo, sono quasi cento i posti di lavoro svaniti per ottimizzare le uscite e contenere i costi di produzione. Insomma, la parola d’ordine è efficienza e le scelte assunte dai piani alti virano in tale direzione.
Scendendo nel dettaglio, riguardo all’indotto di primo livello, mono committente Stellantis, le commesse diminuiscono di continuo. Nella fattispecie, non sono scattati i licenziamenti, giusto perché si è ricorso agli ammortizzatori sociali. Occhio, però: la “pacchia” presto finirà. Previsione troppo pessimista? Sotto con i numeri: nel primo trimestre del 2022, su un ammontare di poco superiore ai 60 giorni lavorativi, il centro Fca Cassino Plant ha scontato 21 giorni di stop per mancanza di materiale. La carenza di scorte si avverte in maniera tremenda e vale principalmente per i microchip. Pertanto, lo stesso indotto ha subito un arresto, senza godere degli ammortizzatori sociali di cui Stellantis tuttora beneficia. Il malumore serpeggia nell’ambiente, consapevoli dei risvolti negativi futuri. Un destino amaro sembra ampiamente scritto e, salvo clamorosi di scena, non ci sarà maniera di scongiurarlo.
Per tale ragione nell’ambito dei delegati della Fiom che ha avuto luogo negli scorsi giorni a Cassino il segretario provinciale Donato Gatti e la responsabile dell’indotto Rosa D’Emilio hanno suonato l’allarme. La loro speranza è di assistere a un cambio di approccio sugli ammortizzatori. Anziché rappresentare una misura difensiva, una via per tamponare i danni il più possibile, secondo loro servirebbe impiegarli nella fase di transizione, pure perché nell’indotto cominciano già a tenere banco le discussioni sugli esuberi.
Restare passivi dinanzi alle criticità segnalate è proibito, specialmente nel caso delle autorità chiamate a occuparsi del territorio. Ad avviso di Gatti e D’Emilio le istituzioni regionali e locali hanno l’obbligo etico e morale di intervenire. Un atteggiamento passivo rischierebbe, altrimenti, di rabbuiare ulteriormente la comunità.
C’è chi pensa positivo
Non cela i forti disagi avvertiti pure Francesco Giangrande, numero uno provinciale della Uilm. Che, però, mantiene un approccio positivo. Se tramite il tavolo regionale le parti chiamate in causa non assumeranno provvedimenti ad hoc, gli operai dell’indotto rimasti disoccupati per cessazione di attività saranno destinati alla Naspi, ha spiegato. Ma non è catastrofico, bensì vede il bicchiere mezzo pieno. Esclude, infatti, altre chiusure all’orizzonte nell’indotto. Invece, a Cassino si sarà ora leva sullo stabilimento a Pomigliano d’Arco per l’assemblaggio delle gomme di Alfa Romeo Tonale, un modello che agisce da perno nei piani del Biscione.
A nome dell’ente rappresentato, Giangrande propone di dare priorità al personale licenziato quando occorrerà eseguire le assunzioni. Stellantis – ha proseguito – continuerà ad avere a Cassino delle prospettive con una nuova piattaforma per l’elettrificazione. Nel 2021 – lo ricordiamo – la produzione si è attestata a 43.753 unità e l’impianto di Cassino è perciò tornato ai livelli del 2015, quando dalla catena uscirono 45.668 esemplari.