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Da Fiat a Stellantis: in 5 anni è davvero cambiato tutto

Sono passati cinque anni, ma è come se fosse trascorsa un’eternità. Allora non era dato ancora sapere che FCA sarebbe confluita in Stellantis.

Sergio Marchionne

Gli uomini passano, ma nessuno potrà impedire al mondo di evolversi, in tal caso quello automotive. Nell’ultimo quinquennio l’industria dei motori ha segnalato dei profondi cambiamenti. È sufficiente voltarsi indietro, guardando magari all’odierna Stellantis, per scoprire persone e realtà che oggi non ci sono più, mentre altre hanno mantenuto una posizione di rilievo, abili ad adattarsi in conformità alle nuove frontiere del business. Un lustro che ha, oltretutto, compreso un’emergenza epidemiologica di immani proporzioni e il conflitto avviato dall’esercito russo in Ucraina ha contribuito allo stravolgimento del settore.

Stellantis: cosa si diceva nel 2017 sull’assorbimento di Opel

Opel logo

Riavvolgiamo il nastro. Era la primavera del 2017 quando Fiat guardò da lontano l’assorbimento di Opel da parte di Peugeot Groupe. Finalmente General Motors era riuscita a disfarsi della Casa del Fulmine, con la quale il rapporto era ormai compresso da diverso tempo ormai. I risultati commerciali lasciavano alquanto a desiderare e la sensazione prevalente in GM era di avere uno “zombie”. I modelli si erano rivelati un buco nell’acqua, tanto da aver fatto perdere le speranze in una rinascita alla controllante.

Pertanto, l’offerta proveniente dalla Francia sembrava una benedizione dal cielo. Nel corso del mese di aprile, l’allora ad di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, indicò pubblicamente gli ostacoli che impedivano di concretizzare una fusione. Il manager italo-canadese evidenziò le criticità presenti per mettere a segno un’operazione di tale significato, che rafforzasse tanto il Lingotto quanto i brand a stelle e strisce. Ironia della sorte, solo pochi anni più avanti si sarebbe celebrato il matrimonio tra Stellantis e PSA. Allora si chiacchierava circa un’ipotetica alleanza con Volkswagen. Ma il noto dirigente negava ci fossero le circostanze di raggiungere un accordo.

Dalla “incompatibilità” con Volkswagen alla dirompente Tesla

Sulla questione Volkswagen, se vi fossero o meno in corso delle discussioni, Marchionne raffreddava prontamente gli animi. Si definitiva molto rispettoso nei confronti della compagnia di Wolfsburg e non riteneva sussistessero le condizioni ideali a intavolare i negoziati per qualsiasi collaborazione. L’obiettivo principale di FCA era di eseguire il piano prospettato fino al 2018, chiariva in modo categorico. All’epoca aveva già anticipato l’intenzione di rassegnare le dimissioni a fine 2018. E in tanti si interrogavano su chi sarebbe stato il partner di Fiat Chrysler prima del congedo con le armi. Le notevoli capacità imprenditoriali e diplomatiche di Marchionne facevano sì che venisse visto come una figura determinante per le trattative. A lasciarlo credere il carisma da egli dimostrato nell’affare con Chrysler.

Addirittura, si era paventata la suggestiva fusione, o perlomeno di una cooperazione tecnica, con l’arrembante Tesla, società in rampa di lancio che non aveva fin lì dato piena prova del rispettivo valore. Uno scenario a sua volta liquidato in fretta e furia da Marchionne. Non vedeva possibili sinergie. Perché considerava il know-how tecnologico interno dello stesso livello di Palo Alto. Dunque, pur augurando buona fortuna, si chiamava fuori.

Dal canto suo, Elon Musk, lider maximo, rispose quel mese al consiglio di alcuni investitori. Che avrebbero desiderato assistere all’ingresso di due o tre professionisti indipendenti da lui all’interno del consiglio di amministrazione. Una proposta vista come un affronto dall’eccentrico tycoon sudafricano. Che reagì invitandoli a investire nel marchio Ford.

Proveniente dal successo in ambito informatico con PayPal (di cui era stato uno dei fondatori), Musk stava cominciando a prendere le misure nel business automotive. Eppure, lo scetticismo permaneva. In parecchi lo ritenevano troppo acerbo e inesperto rispetto alle logiche della filiera. Naturalmente, l’uscita di Elon Musk avvenne tramite Twitter, oggi diventata  un’abitudine. D’altronde, Musk è entrato nella top 3 degli uomini più ricchi del pianeta, si è comprato diversi miliardi di Twitter e Tesla si è lasciata alle spalle le criticità finanziarie.

La bocciatura di John Elkann e il ravvedimento con Stellantis

John Elkann
John Elkann

Anche l’allora presidente di Fiat Chrysler, John Elkann, attualmente personalità di spicco dell’universo Stellantis, bocciò l’idea delle fusioni. Ciò poiché non voleva dare l’impressione di debolezza alle realtà concorrenti. Storicamente, le intese vengono siglate nei periodi bui, sosteneva ai microfoni. Le riteneva alquanto remote a meno che qualcosa non andasse storto. Chrysler e Opel – aveva, dunque, aggiunto – le hanno concordate poiché erano nei guai. Loro non desideravano esserlo. Erano interessati esclusivamente a un patto in grado di apportare valore aggiunto a Fiat Chrysler Automobiles. Se le condizioni mancavano, era un’inutile perdere tempo.

Inoltre, John Elkann fece delle osservazioni, sempre nell’aprile 2017, sui colossi informatici in procinto di buttarsi nell’ambito automotive. L’anno precedente, ai Saloni, si parlava dei veicoli che i big della Silicon Valley avrebbero costruito. Ma ormai pensava fosse evidente che non se ne sarebbero occupate direttamente: serviva un Costruttore adibito al compito. E Marchionne aggiunse di riconoscere nella California delle analogie con la bolla delle dot.com.

Ebbene, al 2022, Apple sta tuttora provando a coronare il sogno lungamente accarezzato. Nel mentre, gli ingegneri Google, afflitti da plurime difficoltà tecniche, compiono passi graduali nel campo della guida autonoma, senza però giungere alla svolta decisiva. Sul versante opposto, le auto hanno sviluppato delle competenze degne dei colossi hi-tech, data la loro eccezionale connettività.

Caccia al successore

Intanto, già allora era partita la caccia al successore di Marchionne. Era assodato che l’erede sarebbe giunto dall’interno. Si avvertiva il bisogno di promuovere qualcuno ben consapevole delle logiche aziendali. Una lettura corretta, sicché a raccoglierne l’eredità fu Mike Manley. Tuttavia, non era dato conoscere le modalità che avrebbero messo fine al regno di Sergio. Lo attendeva una morte prematura. E scioccante, sotto vari aspetti. Non per niente, Elkann prefigurava l’uscita di Marchionne da FCA nel 2019. Il 2018 se lo sarebbe fatto fino in fondo perché desiderava dare continuità al piano FCA. In azienda disponevano di tantissime persone brave, capaci di assumerne il posto, mentre Marchionne sarebbe comunque andato avanti ad assisterli.

Si occupava di Ferrari in maniera straordinaria e avrebbe occupato la cabina di comando finché se la sarebbe sentita. Avevano un sacco di progetti da coltivare fianco a fianco. Colui che era salito al vertice nei panni di semplice traghettatore, si dimostrò sul campo un dirigente dotato della personalità necessaria a prendere decisioni non facili. Sfortunatamente, non ebbe la chance di assistere alla fondazione del gruppo Stellantis, frutto della coalizione tra Fiat Chrysler Automobiles e Peugeot Groupe. In un quinquennio ne è davvero successo di ogni.

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