A volte, non ottieni ciò che desideri. Lo storico marchio della componentistica italiano Marelli, acquistato dalla giapponese Calsonic Kansei nel 2019, auspicava di voltare pagina. La Fiat Chrysler aveva deciso di liquidarla e l’azienda contava di vedere giorni migliori, solleticata dalla promessa della fondazione di un colosso del settore. Le promesse hanno finito per scontrarsi con la crisi finanziaria della società e l’avvio dei negoziati su un secondo piano di ristrutturazione. Ma non è tutto. Difatti, secondo quanto riferisce l’attendibile agenzia Bloomberg, l’attuale management della Marelli sembra tuttora titubante circa la scelta dei finanziatori e le prossime tappe del percorso di risanamento.
Marelli: infinito calvario
Sempre stando alle ricostruzioni di Bloomberg, l’attuale periodo può rivelarsi decisivo sulle sorti del marchio. Che sarebbe alle prese con i negoziati per attuare una complessa operazione mirata a coprire l’indebitamento, stimato in circa 8 miliardi di euro. Inoltre, se le trattative dessero fumata bianca, la compagnia avrebbe in dote una generosa iniezione di risorse finanziarie, per un valore di 760 milioni di euro.
La stessa impresa ha peraltro attivato una procedura ADR (risoluzione alternativa delle controversie) per risolvere le divergenze su contratti di vendita di beni e servizi. Qualora andasse in porto, avrebbe l’opportunità di rinegoziare il proprio passivo con i creditori, senza mai interrompere l’attività produttiva. Tuttavia, in caso di esito negativo dei colloqui, la Marelli sarebbe messa con le spalle al muro. Non avrebbe, infatti, altra scelta se non quella di presentare a un tribunale fallimentare l’istanza per accedere alle forme di tutela dei creditori se non all’amministrazione controllata.
I forti disagi avvertiti in seno alla Marelli derivano dall’emergenza Covid e la conseguente crisi inerente all’approvvigionamento di materie prime. Così si è venuto a creare un profondo stato di malessere, affrontato mediante un piano di ristrutturazione nel 2021 con: oltre 3 mila tagli al personale (di cui circa 500 nella nostra penisola); la chiusura di alcune sedi sparse nel mondo; il cambio dell’amministratore delegato dell’azienda. Della situazione sarebbero al corrente due dei suoi maggiori clienti: il gruppo Stellantis e la Nissan. Al Costruttore nipponico sarebbe stato chiesto un aiuto sotto forma di impegni per l’acquisto di certi stock di magazzino.