Alfa Romeo ha una storia ricca di coupé da sogno, entrate nel cuore della gente, dalla porta principale. Le auto di impostazione sportiva a due porte fanno parte della tradizione più luminosa del marchio milanese, che ha saputo negli anni toccare le giuste corde emotive degli appassionati. Oggi ho selezionato per voi quelle che, a mio avviso, sono le coupé del “biscione” più affascinanti degli ultimi dieci lustri. Se lo gradite, girate la chiave, afferrate il volante e rilasciate il pedale della frizione, per iniziare il viaggio alla loro scoperta.
Alfa Romeo Alfetta GT
Prodotta dal 1974 al 1987, questa coupé ha preso forma in circa 136 mila esemplari. Alla sua definizione stilistica hanno concorso Giorgetto Giugiaro e il centro stile interno della casa milanese. Il frutto del loro lavoro è un modello di grande personalità, impossibile da confondere con altri. Non si tratta di un’auto propriamente bella, ma ha carattere da vendere. Erede della Giulia GT, l’Alfa Romeo Alfetta GT offriva quattro posti nel suo abitacolo, anche se dietro si viaggiava un po’ infossati.
La coda a gobba è uno dei suoi elementi identificativi. Ne deriva un look di taglio dinamico, che esprime la sua matrice sportiva. Inizialmente venne proposta col motore bialbero a quattro cilindri da 1779 centimetri cubi di cilindrata, con 122 cavalli all’attivo. Nel 1976 giunsero due altri cuori in sua sostituzione: un’unità propulsiva da 1570 centimetri cubi, con 109 cavalli, e unità propulsiva da 1962 centimetri cubi, che passerà negli anni dagli iniziali 122 cavalli ai 130 cavalli della 2.0 L.
Le versioni più veloci
In cima alla gamma, sul piano prestazionale, si collocava la GTV 2.6 V8, nata in soli 20 esemplari, nel 1977, che si giovava del motore della Montreal. Grazie ai 200 cavalli sotto il cofano, l’accelerazione da 0 a 100 km/h veniva bruciata in 7.5 secondi, mentre la velocità massima si spingeva a quota 230 km/h. Non meno gratificante era la Turbodelta del 1979, il cui due litri sovralimentato metteva sul piatto 150 cavalli di potenza massima, regalando grandi scariche di adrenalina.
Nel 1980 giunse la seconda serie dell’Alfa Romeo Alfetta GT. Il suo fiore all’occhiello era la GTV6, spinta da un 6 cilindri da 2492 centimetri cubi, con 160 cavalli al servizio del piacere. Un ulteriore lifting del modello giunse nel 1983, ma con interventi di piccola chirurgia, non troppo visibili. Diverse le serie speciali di quest’auto, che trovò impiego anche in gara, mettendosi in luce.
Alfa Romeo SZ
Chi vuole un’auto del “biscione” con l’aspetto da dura, qui trova pane per i suoi denti. Stiamo parlando di un modello che non cerca un rapporto felice con le leziosità stilistiche o con le sinuosità dei tratti. Il suo scopo è quello di mostrare una grande tensione muscolare, riuscendo benissimo nell’intento. Prodotta dal 1989 al 1991, in poco più di mille esemplari, l’Alfa Romeo SZ ha preso idealmente il posto della Montreal.
Compatta nelle dimensioni, ma feroce nel look, non passa inosservata. La bellezza non è nelle sue corde, ma per il suo carisma riesce a catalizzare gli sguardi. Impossibile confonderla con altre auto. La sua veste estetica è davvero unica. Il design porta la firma di Robert Opron per Zagato. Giorgio Pianta si è occupato della messa a punto delle sospensioni: credo non occorra aggiungere altro, visto lo spessore del personaggio. Questa vettura fu declinata anche in versione roadster, ma qui ci occupiamo della coupé.
Dinamiche di qualità
Le sue lettere identificative sono l’acronimo di Sprint Zagato. Qualcuno la conosce pure come ES-30. Se il linguaggio della carrozzeria spacca gli animi, fra chi la ama e chi la odia, il trattamento dialettico degli interni, dovuto all’estro creativo di Antonio Castellana, mette quasi tutti d’accordo. La spinta giunge da un motore V6 “Busso” da 2959 centimetri cubi di cilindrata, che eroga una potenza massima di 210 cavalli. Pochi, forse, rispetto alla forza bruta della silhouette, ma sufficienti a dare una buona verve prestazionale.
Lo scatto da 0 a 100 km/h viene coperto in 7 secondi, mentre la velocità massima di spinge nel territorio dei 245 km/h. L’Alfa Romeo SZ sposa lo schema transaxle, con cambio posto sull’asse posteriore, insieme al differenziale, per una migliore distribuzione dei pesi. Il suo comportamento dinamico è molto efficace, oltre che coinvolgente. Qui l’estetica sportiva trova una degna corrispondenza.
Alfa Romeo Brera
Prodotta in quasi 22 mila esemplari, dal 2005 al 2010, questa coupé 2+2 deve il suo piacevole stile a Giorgetto Giugiaro, grande maestro del design italiano. Nata come discendente della GTV, l’Alfa Romeo Brera prese forma sull’onda del successo raccolto dall’omonima concept car lanciata al Salone di Ginevra del 2002. Rispetto a quella ha un look un po’ meno snello, esotico e sportivo, ma è forse più armonica.
Si tratta di un’auto davvero bella, con uno specifico linguaggio espressivo, che interpreta in modo originale gli stilemi del marchio milanese. Al tema della spinta provvedevano inizialmente due unità propulsive. Il 4 cilindri in linea da 2198 centimetri cubi, in grado di esprimere una potenza massima di 185 cavalli, era affiancato da un 6 cilindri a V da 3195 centimetri cubi di cilindrata, con 260 cavalli in scuderia. A inizio 2006 fece il suo debutto un cuore diesel: il 5 cilindri in linea 2.4 JTDm, che vide crescere negli anni la sua potenza da 200 a 210 cavalli. Nel 2008 giunse un leggero lifting del modello.
Varie possibilità di scelta
L’Alfa Romeo Brera era disponibile sia a trazione anteriore che a trazione integrale Q4. Con quest’ultima c’erano delle ripercussioni considerevoli sul peso registrato alla bilancia, ma cresceva comunque la sicurezza attiva. Nel 2009 fecero il loro sbarco sul listino alcuni nuovi cuori, rispettosi delle norme Euro 5.
Stiamo parlando del motore a quattro cilindri da 1742 centimetri cubi della 1750 TBi, con iniezione diretta e turbocompressore, in grado di erogare 200 cavalli di potenza. Ma stiamo parlando anche del nuovo diesel da 1956 centimetri cubi di cilindrata e 170 cavalli di potenza massima, destinato alla Brera 2.0 JTDm. Entrambi fanno tesoro di una sapienza ingegneristica adeguata al rango del modello, la cui linea continua a regalare felici emozioni agli appassionati del “biscione”, anche se nel suo ciclo commerciale non ci fu una corsa all’accaparramento.
Alfa Romeo 8C Competizione
Qui si è al cospetto della coupé più bella dell’era moderna del “biscione”, ma anche di una delle auto più affascinanti di tutti i tempi, non solo nell’ambito della produzione della casa milanese. Nel definirne le linee, il designer tedesco Wolfgang Egger ha avuto una ispirazione dal cielo. L’Alfa Romeo 8C Competizione è un vero capolavoro, un’opera d’arte su quattro ruote. Nelle sue linee sinuose si leggono delle parentele ideali con la mitica 33 Stradale.
Più in senso lato, ogni elemento della carrozzeria di questa magnifica supercar evoca la storia del marchio, ma in un quadro stilistico originale, dove l’impronta classica è felicemente votata alla modernità. Nata (dal 2007) in serie speciale di 500 esemplari, ha avuto anche una declinazione Spider, sbocciata con volumi produttivi ancora più bassi. Qui ci occupiamo della versione chiusa, per tenerci in sintonia col target dell’articolo.
Dream car spettacolare
Stiamo parlano di una Gran Turismo da sono, perfettamente inserita nella migliore tradizione italiana. Si caratterizza per il muso lungo e la coda corta. Sotto il cofano anteriore trova spazio un cuore di grande nobiltà, proveniente da Maranello. Un V8 aspirato da 4.7 litri di cilindrata, che eroga una potenza massima di 450 cavalli a 7000 giri al minuto, con un picco di coppia di 470 Nm a 4750 giri al minuto. Questo cuore in alluminio ha mosso le danze anche della Maserati GranTurismo S.
La casa del “tridente” si è occupata dell’assemblaggio dell’Alfa Romeo 8C Competizione, che ha segnato il ritorno del “biscione” alla trazione posteriore, dopo un lungo intervallo di tempo, patito dagli alfisti più autentici. Come sull’Alfa Romeo Alfetta GT, di cui si siamo precedentemente occupati, anche qui la trasmissione sposa l’architettura transaxle. Notevole il quadro prestazionale: accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 4 secondi netti, velocità massima di 292 km/h. L’azione dell’auto è accompagnata da sonorità meccaniche di alta gamma. Il cambio robotizzato a 6 rapporti ne segna il ritmo.
Alfa Romeo 4C
Può essere considerata una supercar in scala, che sul fronte del piacere di guida non ha molto da invidiare ad alcune auto sportive più celebrate. Del resto, è nata in collaborazione con Dallara. L’Alfa Romeo 4C è una coupé di grande personalità, che ha risvegliato vecchie passioni nei cultori del marchio del “biscione”. Il suo look profuma da pista. Anche se orientato ai tempi moderni, concede tanti collegamenti con la storia.
L’aggressività si esprime in una trama di forme sinuose ma decise. I tratti nitidi disegnano un corpo vettura scultoreo. Non è una regina di bellezza, ma entra nell’apparato emotivo, con le note del suo fascino. Questa vettura, prodotta dal 2013 al 2021, non supera i 4 metri di lunghezza. Il suo peso, di soli 895 chilogrammi, contribuisce all’efficienza dinamica e prestazionale del modello.
Alleata della bilancia
Gran parte del merito è ascrivibile al telaio monoscocca in fibra di carbonio, con che concorre alla causa della robustezza e della leggerezza. L’esteso impiego di alluminio concorre ulteriormente alla causa. Questo agevola il compito del motore sovralimentato da 1750 centimetri cubi, che sviluppa una potenza massima di 240 cavalli. Un’energia non impressionante in termini assoluti, ma eccellente rispetto alla cilindrata e, soprattutto, rispetto alle masse in gioco. Le cifre prestazionali stanno a confermarlo: per accelerare da 0 a 100 km/h, l’Alfa Romeo 4C Competizione richiede solo 4.5 secondi, mentre la velocità massima tocca quota 255 km/h.
Assemblata da Maserati, questa sportiva scarica l’energia sulle ruote posteriori, in linea con la migliore tradizione. Nella sigla del modello è riportata una delle sue caratteristiche: 4C sta infatti per 4 cilindri, un riferimento alla sua architettura motoristica. Altri gioielli della storia del “biscione”, prima di lei, avevano fatto ricorso a questo criterio identificativo. Erano delle vetture straordinarie, che hanno lasciato una traccia indelebile nell’enciclopedia dell’automobile. Anche la supercar in scala di cui ci siamo occupati in questo post sembra destinata a ritagliarsi uno spazio nello stesso libro.