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Le 3 Ferrari barchetta più belle dell’era moderna

Ecco le scoperte dure e pure della casa di Maranello, che regalano brividi sensoriali unici.

Ferrari Cavalcade 2021

Il concetto di barchetta appartiene al DNA della Ferrari. La prima “rossa”, nata nel 1947 e battezzata 125 S, aveva questa configurazione. Anche la 166 MM del 1948 seguiva la formula. Proprio con quest’ultima vettura l’appellativo ebbe origine.

Il merito dell’accostamento va ascritto a Gianni Agnelli che, quando vide il modello al Salone dell’Auto di Torino 1948, con le sue forme simili a quelle di un prodotto nautico, gli affibbiò il simpatico soprannome, conservato nel tempo per definire una certa tipologia di vetture.

Fra le Ferrari moderne, a meritare maggiormente questo appellativo sono le Monza SP1 ed SP2, ma anche altre opere relativamente recenti del “cavallino rampante” hanno sposato la filosofia delle barchette. Qui ho selezionato per voi le più belle ed emozionanti auto della specie partorite a Maranello nell’ultimo secolo.

Ferrari Monza SP1 ed SP2

Sono un sogno in serie limitata e scrivono le note della passione in chiave contemporanea. Queste due “rosse” hanno aperto un nuovo filone, battezzato Serie Icona, che nel listino della casa di Maranello fa rivivere la migliore tradizione del “cavallino rampante”, con omaggi moderni alle vetture più carismatiche del marchio. Le Ferrari Monza SP1 ed SP2 sono due meravigliose barchette, ispirate alle leggendarie Sport dell’era romantica, come la 750 Monza e la 860 Monza. Sono perle di design e si giovano di una tecnologia molto sofisticata.

Dal punto di vista stilistico non c’è una virgola che stoni. Tutta l’esecuzione, curata da Flavio Manzoni, è impeccabile, in ogni aspetto espressivo, anche se marginale. Si può parlare di una coppia di sculture a quattro ruote, degne di trovare posto nei musei d’arte più celebrati del pianeta. Difficile pensare a una miscela migliore in termini di eleganza, sportività e pulizia formale, in un quadro decisamente esotico e felicemente connesso alla tradizione, che guarda però al futuro. Basta un attimo per innamorarsi delle forme e per portarle immediatamente nel cuore. Il numero presente nella sigla indica l’elemento di differenziazione dei due modelli: la prima è una monoposto, la seconda è una biposto. Io preferisco quest’ultima.

Motore da antologia

Destinate ai clienti più appassionati, le Ferrari Monza SP1 ed SP2 sono spinte da un motore V12 aspirato, da 6496 centimetri cubi di cilindrata, che eroga 810 cavalli di potenza massima a 8500 giri al minuto, con un picco di coppia di 719 Nm a 7000 giri al minuto. Il quadro prestazionale è impressionante, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 2.9 secondi e da 0 a 200 km/h in 7.9 secondi. La punta velocistica si spinge oltre quota 300 km/h, che per delle barchette non è certo un traguardo di poco conto. Ciò che i numeri non riescono a trasmettere è l’appagamento sensoriale generosamente elargito delle vetture, che consentono di vivere a cielo aperto le migliori emozioni di guida, come se si fosse a bordo di prototipi da pista. Il tutto condito da musicalità meccaniche straordinarie, ed è un eufemismo, credetemi.

Per ridurre il peso e garantire i più alti livelli di robustezza strutturale si è fatto ricorso ad un telaio monoscocca in fibra di carbonio, di grande raffinatezza. Molto curata anche l’aerodinamica, a dispetto delle penalizzazioni connaturate alla fisionomia di queste vetture, che lasciano uscire la testa del pilota oltre la linea del parabrezza. Le Ferrari Monza SP1 ed SP2 sono due gioielli destinati al puro divertimento e al più alto godimento sensoriale. Il loro spirito di concede con una potenza narrativa fortissima. Fantastico l’handling, degno di una vettura da pista. Queste barchette sono dei capolavori esaltanti, che inebriano su tutti i fronti. Basta guardarle per emozionarsi. Quando si accende il motore e si gestiscono le note del V12 col pedale del gas, il piacere cresce ulteriormente. Tocca il suo diapason quando si vive l’esperienza dinamica e la sua incredibile finezza. Adesso la Serie Icona si è arricchita della nuova Daytona SP3: un altro capolavoro pazzesco.

Ferrari 550 Barchetta Pininfarina

Presentata al Salone dell’Auto di Parigi del 2000, ha declinato in chiave diversa la 550 Maranello. La sua nascita ebbe luogo per celebrare Pininfarina, firma storica delle opere del “cavallino rampante”, in occasione del 70° anniversario del noto carrozziere piemontese. La Ferrari 550 Barchetta Pininfarina porta in dote lo spirito delle Sport degli anni romantici dell’automobilismo, per metterlo al servizio dei fortunati passeggeri. Il sogno si è tradotto in realtà per pochi eletti, non solo per ragioni di prezzo. Qui ha inciso anche la tiratura limitata di questa serie speciale, che ha preso forma in soli 448 esemplari.

L’esito degli sforzi progettuali è stato uno strumento di piacere, che ancora oggi regala grandi emozioni di guida, da vivere a cielo aperto, come sulla 166 MM di Gianni Agnelli, prima vettura a ricevere l’appellativo di “barchetta”. Pur se dedicata a Pininfarina, non giunse a sorpresa per questa firma, che ne curò il design: doveva per forza essere così, altrimenti non avrebbe sigillato un legame storico meraviglioso. La Ferrari 550 Barchetta Pininfarina è leggermente più pesante della 550 Maranello, per la necessità di bilanciare la mancanza del tetto rispetto alla coupé. Questo ha imposto interventi strutturali sul telaio, per irrobustirlo, con riflessi negativi sul peso. Il leggero aggravio in termini di masse, però, non si nota tanto sul piano dinamico.

Prestazioni di alta gamma

L’accelerazione da 0 a 100 km/h è la stessa, richiedendo 4.4 secondi. Identico anche lo scatto sui 400 metri con partenza da fermo, messo a segno in 12.5 secondi. Nel passaggio da 0 a 1000 metri, il gap sulla berlinetta chiusa è di appena un decimo: 22.6 secondi contro 22.5 secondi. Molto più marcato lo stacco in termini di velocità massima: 300 km/h contro 320 km/h. Qui, però, ad incidere non è tanto il peso, quanto la minore efficienza aerodinamica della vettura aperta. La meccanica è la stessa della 550 Maranello. Ad animare le danze della Ferrari 550 Barchetta Pininfarina provvede il “solito” motore V12 da 5475 centimetri cubi di cilindrata, disposto in posizione anteriore. Questo cuore, plasmato in lega leggera, sviluppa una potenza massima di 485 cavalli a 7000 giri al minuto, con un picco di coppia di 569 Nm a 5000 giri al minuto.

Tanta energia viene scaricata sulle ruote posteriori, con l’ausilio di un cambio manuale a 6 marce, per il massimo divertimento al volante. Il piacere dell’esperienza sensoriale viene valorizzato dalla scelta dello schema transaxle, che bilancia al meglio le masse. La carrozzeria in lega leggera trova accoglienza in un telaio in traliccio di tubi d’acciaio, come da lunga tradizione del marchio. Splendidi i suoi lineamenti, che ne fanno una scoperta da sogno. La Ferrari 550 Barchetta Pininfarina concede, nel modo più autentico, le emozioni della guida en plein air, amplificate dalla piacevolezza inebriante del sound del dodici cilindri, che canta e suona in modo spettacolare. Su questa vettura c’è pure una capote in tela d’emergenza, montando la quale bisogna viaggiare come un autobus di linea su una provinciale di montagna, perché superando certi ritmi è facile perderlo per strada.

Ferrari 360 Barchetta

Si tratta di un esemplare unico e di un modello davvero speciale, con una storia tutta da raccontare. La vettura, infatti, prese forma come omaggio di Gianni Agnelli a Luca di Montezemolo, allora presidente della casa di Maranello, in occasione delle nozze di quest’ultimo con Ludovica Andreaoni, celebrate nel 2000. Il suo processo produttivo avvenne in segreto, per evitare che il destinatario ne sapesse qualcosa prima della consegna. A Pininfarina fu assegnato il compito di trasformare una “comune” 360 Spider F1 in un pezzo esclusivo, facendo riferimento alle indicazioni, molto puntuali, fornite dal prestigioso committente. Il risultato finale, infatti, profuma dei gusti dell’Avvocato, grande amante del bello.

L’esemplare scelto per la trasformazione fu quello con telaio numero 120020. Il grosso del lavoro si concentrò sulla parte alta della carrozzeria. Qui venne ridimensionato il parabrezza, che divenne più basso e lavorato. A legarlo alla fiancata provvedeva una fascia avvolgente, che abbracciava i passeggeri. Le pinne di raccordo sul cofano motore divennero più piccole rispetto a quelle della donor car. Il look, anche se chiaramente connesso a quello del modello iniziale, guadagnò un taglio espressivo molto specifico. Impossibile fare confusione. Qui, poi, la capote della 360 Spider F1 sparì del tutto, in ossequio alla sua natura di oggetto di puro divertimento, da gustare solo nelle condizioni meteo ottimali. Sul fronte cromatico, Gianni Agnelli scelse un Grigio Alloy per la Ferrari 360 Barchetta regalata a Luca di Montezemolo. Questa tinta, secondo il committente, riusciva ad evidenziare meglio lo spirito dell’opera. Per gli interni furono scelti dei pellami chiari, che creano un felice dialogo con la livrea esterna, completando al meglio la forza narrativa del modello.

Meccanica standard per un’auto esotica

Sul piano meccanico, nessuna differenza rispetto alla vettura standard. Anche qui la spinta fa capo a un cuore V8 aspirato da 3.6 litri di cilindrata, che eroga una potenza massima di 400 cavalli, espressi in modo piacevolmente sonoro. L’assenza di sovrastrutture dovrebbe regalare a chi sta a bordo una rapporto meno filtrato col motore, per vibrazioni emotive ancora più alte, almeno alle andature normali, mentre al limite, i flussi d’aria meno curati che sulla 360 Spider F1 potrebbero sporcare questa magia. Comunque, si parla di ipotesi, perché nessun comune mortale ha avuto la possibilità di viaggiare a bordo di tale vettura, che riprende lo spirito della barchette del “cavallino rampante”, nate a partire dal 1947, con la 125 S, prima “rossa” della storia.

Come riferito in un’altra circostanza, solo una persona come Gianni Agnelli poteva inventarsi un regalo così speciale. Solo a un uomo del suo calibro e con i suoi gusti raffinati poteva venire in mente una fuoriserie del genere, destinata a lasciare traccia nella storia. Solo un manager elegante come Luca di Montezemolo poteva riceverla in dono. Ribadiamo che Gianni Agnelli vanta anche la paternità sull’appellativo “barchetta”. Fu lui a definire in questo modo la Ferrari 166 MM, quando la vide per la prima volta dal vivo. Quell’auto, infatti, evocava all’Avvocato le forme di una piccola imbarcazione. Fu il battesimo iniziale di una tipologia di prodotto che continua a vivere anche nella modernità.

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