in

Addio a Nicola Materazzi: padre-ingegnere della Ferrari F40

Se ne è andato anche l’ingegnere Nicola Materazzi, uno che fra i migliori ci è entrato di diritto e con meriti indiscussi

Nicola Materazzi
Nicola Materazzi

Il destino della vita istituisce una funzione nota, quella in grado di imporre che anche i migliori sono destinati ad andarsene. Se ne è andato anche l’ingegnere Nicola Materazzi, uno che fra i migliori ci è entrato di diritto e con meriti indiscussi. L’ingegnere ha lasciato questa sede nel silenzio di Sapri nelle scorse ore, a una ventina di chilometri da Caselle in Pittari dove era nato 83 anni fa.

Se si può definire padre chi progetta da capo a piedi una sportiva dallo spessore assoluto, questo è Nicola Materazzi in riferimento all’apprezzatissima Ferrari F40. Un modello iconico nella storia del Cavallino Rampante e allo stesso tempo indissolubilmente legato alla figura dell’ingegnere campano. D’altronde, si rammaricava Materazzi quando discuteva della molte volte poca considerazione ricevuta in Ferrari a suo tempo, dopo aver lavorato a lungo e con autentica frenesia ad un progetto gestito dal foglio bianco alla presentazione.

È acqua passata ormai e l’ingegnere Nicola Materazzi rimane un modello probabilmente inimitabile per tanti, polemico, a volte, nella misura di chi sa di essere sicuro e competente su un ampio spettro di settori a disposizione. Nelle sue corde non si è inserita solamente l’iconica Ferrari F40, ma anche la Bugatti EB110 e anche la sportiva che amava forse più delle altre: la B Engineering Edonis con la quale aveva mancato il record dei 100 m/s per qualche centimetro.

L’ingegnere Nicola Materazzi e il pretendere di essere al top

In una intervista rilasciata a Ruoteclassiche, Nicola Materazzi aveva ammesso: “ho preteso di imparare a progettare tutto di una vettura, perché spesso non ci si rende conto che se ho un motore che va al 120% e un telaio o una sospensione che va al 60% la macchina va al 60%; l’elemento più debole condiziona il comportamento globale dell’oggetto. Questa è una cosa di cui pochi tengono conto, ma che per me è fondamentale. Il succo di questo lavoro lo dimostra l’F40”. In effetti il succo dell’interpretazione ingegneristica stessa di Nicola Materazzi risiede in questa breve trattazione.

Nella Ferrari F40 lui vedeva l’apice di un processo condotto dall’avvio alla fine. Un prodotto in grado di distribuire una perfetta “omogeneità”, secondo una prerogativa che era fondamentale nel lavoro di Materazzi: praticare omogeneità complessiva per raggiungere l’eccellenza in ogni elemento a disposizione di qualsiasi veicolo o progetto sul quale mettere le mani. Condizione che proprio sulla Ferrari F40 viene messa in pratica con disinvoltura, partendo da un progetto nato già suo con l’avvio dei lavori sulla Ferrari 288 GTO e poi 288 GTO Evoluzione che lui stesso aveva coordinato.

Nicola Materazzi
Nicola Materazzi accanto alla Osella FA2 con la quale il costruttore torinese andò vicino al Titolo Europeo di Formula 2 nel 1979

Si rammaricava l’ingegnere Nicola Materazzi quando gli iniziali 400 esemplari preventivati divennero 1.311, quasi a voler dire che il valore di un prodotto mitico fosse stato intaccato dai numeri complessivi. Ma l’apoteosi della F40 di Materazzi era nei dati, ancor di più in quelli di un propulsore ad 8 cilindri disposti lungo una V di 90 gradi di angolo fra le bancate per una cubatura che sfiorava i 3 litri governati da una sovralimentazione affidata a due turbo; l’ingegnere era infatti un mago della sovralimentazione, una specializzazione scaturita da precedenti esperienze a cominciare da quella in Lancia dove partecipò alla gestazione dell’iconica Stratos prima di finire in Abarth e in Osella con la quale arrivò vicino all’europeo di Formula 2 con la FA2.

Nelle emozioni che lo pervadevano negli ultimi tempi del suo percorso terreno, l’ingegnere Nicola Materazzi tradiva una umana umiltà necessaria per comprendere il suo sconfinato amore verso la tecnica, i motori e il turbo; motivazioni che gli hanno permesso di mettere a punto una biblioteca di circa 12mila volumi sull’argomento.

Una volta qualcuno lo definì “The best engineer you’ve never heard of”. Uno fra i migliori, oggi se ne va.

Lascia un commento