Il decreto legge infrastrutture (DL 68/2022, art. 7), dispone delle rilevanti modifiche inerenti al Codice della Strada, che vertono sulla circolazione e la patente.
Decreto legge infrastrutture: cosa cambia per la mobilità
Tanto per cominciare, l’art. 117 del C.d.S. negava ai neopatentati la facoltà di mettersi al volante di autovetture con un rapporto tra potenza e tara superiore ai 55 kW/t. Adesso il limite è cresciuto, a 65 kW/t, con riferimento all’alimentazione “green”, per la precisione l’elettrico e l’ibrido plug-in. In ogni caso, permane tuttora la soglia già sancita inerente alle autovetture, fissata a 70 kW. Dal novembre dello scorso anno tale direttiva non vige se, al fianco del neopatentato, siede un adulto con meno di 65 anni che da oltre 10 ha la patente B (o licenza superiore).
A proposito della patente B, essa darà modo di usare i mezzi privi di rimorchio adibiti al trasporto delle merci, aventi una massa massima superiore a 3.500 kg e pari o inferiore a 4.250. Occhio, però, perché l’autorizzazione prevede in maniera categorica l’osservanza di due requisiti: il possesso della patente da almeno due anni; l’eccesso di peso rispetto alla soglia di 3.500 kg sia da attribuire, solo e soltanto, al sistema di propulsione alternativa, invece delle forme di combustione tradizionale, cioè la benzina e il gasolio. Non servirebbe neppure dirlo, ma appartengono all’ampio gruppo i veicoli GPL, a gas naturale (metano), a idrogeno e 100 per cento elettrici.
Comunque, passiamo oltre, sicché il nuovo decreto infrastrutture tocca ulteriori questioni di primaria importanza. Il comma 6-bis dell’articolo 120 del Codice della Strada, volto a legiferare sui criteri morali per il conseguimento della licenza di guida, sancisce che il prefetto e il giudice avranno il potere di negare ai “delinquenti abituali”. Si fa riferimento pure alle biciclette a pedalata assistita, finché gravano delle condanne. In caso di violazione, si è passibili di una sanzione pecuniaria compresa tra i 2 mila e i 7 mila euro, più la confisca del mezzo.
Se la patente è scaduta da oltre 5 anni, chi la detiene avrà l’onere di sottoporsi, in aggiunta alla abituale visita medica, pure al cosiddetto esperimento di guida. Il soggetto in questione avrà il compito di eseguire almeno una delle manovre e tre dei comportamenti nel traffico, di solito previsto per la prova pratica. Qualora il test non andasse a buon fine, scatterebbe la revoca della patente. Invece, un’eventuale assenza comporterebbe la sospensione della licenza a partire dal giorno dopo.
Delle notizie positive interessano i motociclisti. Non sarà, infatti, più necessario sostenere un’ulteriore prova per il passaggio dalla patente A1 (125 di potenza fino a 11 chilometri) alla A2 (massimo 35 kilowatt). Ne saranno esonerati pure coloro desiderosi di “convertire” la A2 in A, il titolo che consente di circolare su una qualsiasi due ruote, a prescindere dai limiti di potenza. È sufficiente avere uno storico di almeno un paio d’anni per l’ottenimento della qualifica, previa frequentazione di un regolare corso presso una comune autoscuola.