Ferrari ha prodotto nel corso della sua storia un’infinita lista di capolavori a quattro ruote. Ovvio che i progettisti attingano talvolta dal glorioso passato per trarre nuove ispirazioni. A volte i collegamenti sono cercati, altre volte vengono in modo naturale, per una sorta di trasmissione del DNA, figlia dell’immersione nel mito del “cavallino rampante“. Oggi abbiamo selezionato per voi 3 coppie di “rosse”, di varie epoche, legate da qualche filo conduttore, più o meno marcato.
Ferrari F40 e 512 S
(Ferrari F40) A lei tocca la corona, come regina delle “rosse” dell’era moderna. È l’auto che più di ogni altra ha fatto sognare gli appassionati. Nata nel 1987 per celebrare i primi otto lustri della casa di Maranello, questa vettura è più che mai sulla cresta dell’onda emotiva. Lei coinvolge i sensi all’ennesima potenza. Inebrianti e indescrivibili le scariche d’adrenalina regalate dal suo motore V8 biturbo da 2936 centimetri cubi, con 478 cavalli di potenza, su un peso di 1100 chilogrammi. Quanto basta per bruciare il passaggio da 0 a 200 km/h in 12 secondi e quello da 0 a 1000 metri in 21 secondi, con una velocità d’uscita di 270 km/h. Cifre ancora oggi impressionanti, ma non quanto i brividi di gioia che si vivono all’interno. Quelli si possono capire solo sperimentandoli. La punta velocistica si spinge nel territorio dei 324 km/h.
Da segnalare il grande uso di materiali compositi, voluti dal progettista Nicola Materazzi, al quale va il merito di aver creato un’armonia assoluta fra gli elementi. Si vede che la regia è unica. Sublimi le forme della carrozzeria, disegnata con piglio divino e arte michelangiolesca. Grazie ad esse la Ferrari F40 è entrata nella leggenda. Qui siamo al cospetto di un capolavoro assoluto, che sequestra gli occhi e li usa come strumento per inviare al cuore un bombardamento di stimoli sensoriali di incredibile intensità. Si starebbe anni ad osservare i suoi lineamenti, gustandoli in ogni centimetro dell’impeccabile esecuzione stilistica. Quanta bellezza e quanta sublime aggressività in questa creatura spaziale! Anche Enzo Ferrari era innamorato di lei. Per quel che mi riguarda, è un suo testamento spirituale.
(Ferrari 512 S) Alcuni elementi stilistici e volumetrici della Ferrari 512 S, specie nella vista frontale, evocano in me una vaga parentela con la F40. È una connessione molto sfumata, quasi frutto di una forzatura di pensiero, ma mi piace affiancare questi due gioielli del “cavallino rampante“. La più vecchia delle due prese forma nel 1970. Penso che la 512 S sia una delle auto da corsa più affascinanti di tutti i tempi. Anche se i suoi risultati in pista non esaltarono il Drake, spingendolo a rimpiazzarla presto con la versione M, resta una delle Sport più seducenti di sempre. Come ho evidenziato in un’altra circostanza, il fascino della vista frontale e del 3/4 anteriore di questo prototipo è da rivista d’arte. A mio avviso è molto più bella della contemporanea Porsche 917.
Il suo codice stilistico ha le note giuste per vestire al meglio il prezioso motore a 12 cilindri di cui si giova questa creatura da gara, sbocciata in 25 esemplari: il quantitativo minimo richiesto per l’omologazione. Due le versioni: berlinetta e spider. Quella scoperta è la più seducente. Dicevamo della spinta affidata a un monumentale V12: si tratta di un’unità da 5 litri di cilindrata, che sprigiona la bellezza di 550 cavalli su un un peso di 850 chilogrammi. Facile intuire la tempra prestazionale, solo in parte illustrata dalla punta velocistica di 340 Km/h. Purtroppo l’unico successo del modello fu quello conseguito alla 12 Ore di Sebring, con Mario Andretti, Ignazio Giunti e Nino Vaccarella. Quest’ultimo, nella mitica Targa Florio, riuscì a portare l’ingombrante “rossa” (poco adatta per le strade madonite) al terzo posto finale, senza patire troppo il confronto con le ben più piccole a agili Porsche 908, espressamente sviluppate per quella cornice agonistica. Un’impresa da antologia.
Ferrari Daytona SP3 e 330 P4
(Ferrari Daytona SP3) Questa è la “rossa” estrema che gli appassionati aspettavano da un po’ di tempo a questa parte. I progettisti hanno puntato al cuore e ci sono riusciti nel migliore dei modi. La Daytona SP3 è una delle Ferrari più emozionanti di sempre. In lei si respira la magia della 330 P4. I suoi tratti sono un omaggio alla migliore tradizione, ma guardano con decisione al futuro. Unico il suo carisma. Del resto, stiamo parlando di un’auto sportiva eccezionale, che rinnova lo spirito della Serie Icona, scrivendone una nuova tappa, dopo le magiche Monza SP1 ed SP2. Rispetto a queste cambia il riferimento storico e la configurazione. Qui, infatti, il motore è dietro.
Fonte di ispirazione è stata la Sport più famosa della casa di Maranello, che ha fornito gli spunti per l’elaborazione formale, ma la Ferrari Daytona SP3 pesca anche negli stilemi della 250 P5 Berlinetta Speciale di Pininfarina. Il risultato è un’hypercar straordinaria, che si concede alla vista con una magia unica e indescrivibile. Le sue forme scultoree, destinate all’eternità, si scrivono nel cuore in modo definitivo. Qui tutto fa sognare ad occhi aperti. Solo 599 fortunati clienti potranno averla. Base di partenza è stato il telaio della Ferrari LaFerrari Aperta, ma il quadro è completamente diverso. Il sistema propulsivo rinuncia alla componente elettrica. Così si recupera la purezza dell’endotermico puro. Sotto il cofano posteriore batte un V12 aspirato da 6.5 litri di cilindrata, che sviluppa 840 cavalli di potenza. Rappresenta l’espressione più alta dell’arte motoristica del “cavallino rampante”. Un capolavoro assoluto, con musicalità meccaniche da antologia. Le prestazioni sono al top.
(Ferrari 330 P4) Al suo cospetto ci si può solo inchinare. Stiamo parlando dell’auto da corsa più bella di tutti i tempi, ma anche di una delle “rosse” più iconiche di sempre. Questa è una vera scultura da gara. Nel progettarla, a dominare la scena sono stati gli aspetti funzionali, ma ne è venuta fuori una tela stilistica mozzafiato. Accanto a lei vacilla l’aristocratico orgoglio delle auto espressamente pensate per la missione della bellezza, che devono arrendersi al suo splendore. La Ferrari 330 P4 è un capolavoro assoluto, che inebria i sensi. Come già evidenziato in un’altra circostanza, nessuna vettura da gara può competere con lei in termini di fascino, anche se altri modelli hanno vinto di più. I tratti sinuosi che definiscono la carrozzeria sono tratti di pennello degni del miglior artista.
Questa Sport è una scultura di sublime splendore, dal carisma straordinario. Il legislatore dovrebbe imporre l’uso di un suo poster nelle case di ogni cittadino, per educare al senso del gusto. Il suo telaio a traliccio in tubi d’acciaio, con elementi scatolati, accoglie un motore V12 da 4 litri di cilindrata, a tre valvole per cilindro, che mette sul piatto 450 cavalli di razza emiliana, a 8000 giri al minuto, su un peso di soli 792 chilogrammi. Pazzesche le sue melodie. Franco Rocchi è stato eccezionale nel definirne il carattere, abbinando il vigore espressivo ad una congrua affidabilità. Brillante il suo curriculum agonistico. La Ferrari 330 P4 vanta il successo nel Mondiale Marche del 1967, quando piegò la resistenza dello squadrone Ford. Indimenticabile l’arrivo in parata alla 24 Ore di Daytona, vinta da Bandini ed Amon, che riscattò anche sul piano formale lo smacco subito da Enzo Ferrari e dai suoi uomini l’anno prima.
Ferrari 296 GTB e 250 Le Mans
(Ferrari 296 GTB) Questa “rossa”, disegnata da Flavio Manzoni, ha vinto il Car Design Award 2022 fra le “Production Cars”. Nelle linee della sua carrozzeria si leggono gli influssi della storica 250 Le Mans. Cuore pulsante del modello non è però un V12. Qui la spinta fa leva su un 6 cilindri biturbo da 2992 centimetri cubi di cilindrata, affiancato da un’unità elettrica, interrompendo così la lunga tradizione di berlinette V8 a motore posteriore centrale della casa di Maranello. La Ferrari 296 GTB eroga una potenza massima di 830 cavalli, 663 dei quali provenienti dal propulsore a scoppio. Il quadro prestazionale di questa vettura è ancora migliore che sulla F8 Tributo, di cui ha preso il posto. Il progresso, per certi versi, è quantico. Un risultato incredibile vista l’eccellenza assoluta dell’altra opera del “cavallino rampante”.
La crescita si concretizza soprattutto sul piano dinamico ed emotivo, ecco perché le cifre, da sole, non bastano ad inquadrarla. Citiamo, per dovere di cronaca, i numeri, davvero al top: accelerazione da 0 a 100 km/h in 2.9 secondi e da 0 a 200 km/h in 7.3 secondi. La velocità massima è di 330 km/h. Sono dati di riferimento nella sua categoria, come quelli relativi alla finezza dell’assetto, alla precisione di guida, all’efficienza aerodinamica, al perfetto equilibrio fra le componenti. La concorrenza è costretta a guardare a distanza. A completare il quadro ci pensa il sound, quasi degno di un motore a 12 cilindri. Credo non occorra aggiunger e altro. I freni sono all’altezza. L’impianto di tipo brake-by-wire, con dischi da 398 millimetri all’avantreno e 360 millimetri al retrotreno, consente di arrestare la corsa del modello in soli 107 metri, partendo da una velocità di 200 km/h. Roba da best in class.
(Ferrari 250 Le Mans) Negli intendimenti di Enzo Ferrari doveva diventare la prima “rossa” stradale con motore posteriore centrale, ma per questioni regolamentari, connesse all’omologazione, fu costretta a misurarsi con le Sport. Lo fece senza complessi di inferiorità. In alcuni casi riuscendo pure a piegarle in gara. La Ferrari 250 Le Mans non scese in pista coi colori ufficiali della casa di Maranello, ma affidò le sue doti ad alcuni team privati, che seppero sfruttarne bene il potenziale. Il look segnò una svolta rispetto alla distribuzione dei volumi della GTO, perché l’architettura meccanica era totalmente diversa: qui i buoi erano dietro al carro. Non è armonica come la 330 P4, ma ha un grande fascino. Una cosa è certa: si tratta di una delle “rosse” più iconiche di sempre. In tempi recenti ha ispirato il concetto espressivo della nuova 296 GTB.
Ha fatto scuola, fra le GT, la soluzione del lunotto incapsulato in una cornice che dà continuità al tetto, digradando con due piccole pinne verso il cofano posteriore. Sotto di questo trova accoglienza un motore V12 da 3.3 litri di cilindrata, che eroga 320 cavalli di potenza massima a 7500 giri al minuto. La sigla porta un codice numerico usato da Ferrari per illustrare la cilindrata unitaria, ma avrete notato che in questo caso c’è una dissonanza. Solo il primo esemplare della specie ebbe il giusto cuore da 3 litri, ma l’auto andò a fuoco a Sebring. Poi fu il turno delle unità propulsive da 3.3 e 4 litri. Per non dover ristampare i cataloghi, il Commendatore decise di conservare il nome precedentemente scelto. Fra i suoi tanti successi, le doppiette alla 12 Ore di Reims, alla 500 Km di Spa-Francorchamps e, soprattutto, alla 24 Ore di Le Mans.