Sono passati 70 anni dallo sbarco sul mercato della Fiat 8V, una vettura rara e poco conosciuta, ma che merita un posto di primo piano nella storia della casa torinese. Alcuni esemplari della serie furono declinati in vari modi da noti carrozzieri italiani, creando tanti pezzi speciali, in certi casi unici. In totale il modello prese forma in 114 unità: difficile trovare altre Fiat con volumi produttivi così bassi. La costruzione dell’auto andò avanti dal 1952 al 1954, con una cadenza annua molto contenuta.
Il modello standard aveva la fisionomia di una sinuosa berlinetta, dal look sportivo e molto tondeggiante. Queste le dimensioni: 4040 mm di lunghezza, 1570 mm di larghezza, 1290 mm di altezza, 2400 mm di peso. Cifre che illustrano la sua compattezza. Difficile, con misure così ridotte, sviluppare un progetto grafico coinvolgente sul piano emotivo, ma Fabio Luigi Rapi seppe conferire le note giuste allo stile dell’auto. Grazie al suo talento, la Fiat 8V guadagnò un’immagine forte e carismatica.
Questa creatura, nota come “Ottovù”, nacque puntando al cuore della gente, da aprire con le chiavi della sportività dialettica. Per il progettista Dante Giacosa, un modello del genere, in quel periodo storico, era una distrazione da non permettersi, ma i vertici della casa torinese furono molto determinati nel loro intento.
La presentazione della vettura avvenne al Salone di Parigi del 1952, dove suscitò una certa curiosità nel pubblico e negli organi di informazione. Il compito di costruire il modello fu affidato al reparto carrozzerie speciali, per non turbare il regolare svolgimento delle attività sulle normali catene di montaggio, destinate alle auto di grande serie. I numeri produttivi furono bassi, forse più del previsto, complice anche un prezzo di listino non proprio abbordabile.
Inizialmente il motore ad otto cilindri da 1996 centimetri cubi, alimentato da due carburatori Weber doppio corpo, erogava 105 cavalli. Al buon comportamento stradale concorrevano le sospensioni a quattro ruote indipendenti, portate all’esordio su un modello Fiat. Poi la potenza crebbe a 115 cavalli, su una carrozzeria più leggera, plasmata in vetroresina. Il quadro prestazionale divenne più incisivo, ma la carriera del modello volgeva ormai al termine.
Fra le caratteristiche meccaniche rilevanti, da citare le sospensioni a quattro ruote indipendenti, per la prima volta montate su una Fiat, mentre sono più convenzionali il cambio a quattro marce, con prima non sincronizzata, e i freni a tamburo. I manager si resero conto di aver preso un abbaglio con questa vettura e staccarono la spina alla catena di montaggio.
Un numero importante di telai della Fiat 8V finì, come già anticipato, nelle mani di alcuni valorosi carrozzieri italiani, che ne fecero la base di lavoro per dare sfogo alla loro vena creativa, interpretando il modello in varie declinazioni: coupé, spider, barchetta, in piccola serie o come dream car da salone. Scesero in pista nomi importanti, come Pinin Farina (all’epoca il nome non era ancora unito), Bertone, Vignale, Zagato, Ghia ed altri ancora. Ad agevolare gli slanci di fantasia ci pensò il robusto telaio dell’auto, che rendeva possibili varie configurazioni espressive.
Di queste interpretazioni, alcune hanno lasciato il segno, per la loro incredibile forza dialettica. Zagato intervenne poco sulla carrozzeria, limitandosi a piccoli tocchi da maestro. Il carrozziere milanese rilevò 25 esemplari della serie per farne una specifica versione: la “8V Elaborata Zagato”. Qui la verve dinamica era più alta, per la superiore potenza, nell’ordine dei 130 cavalli. Tanti i successi raccolti in gara da questo allestimento. Al Gran Premio di Berlino del 1955, addirittura, l’auto del “biscione” piegò la resistenza delle Porsche, sul circuito di casa, all’Avus, con Elio Zagato al volante. Chapeau!