Il continuo botta e risposta tra il Governo e la categoria dei distributori di carburante prosegue imperterrito, mentre lo sciopero benzinai è confermato. L’iniziativa di protesta partirà oggi, martedì 24 gennaio alle 19 e andrà avanti fino alla stessa ora del 26 gennaio. In queste 48 ore sarà attivo lo stop pure per quanto riguarda il self-service. I danni da mettere in conto non sono di certo di modica entità per gli automobilisti. Ma le parti si sono tenute ferme sulle rispettive posizioni, in uno scontro a distanza che non ha avuto tregua.
Le parole proferite dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, secondo cui gli unici a rimetterci sarebbero stati i conducenti, non hanno smosso le sigle di categoria. Lo stop viene confermato pure in riferimento alle tratte autostradali, anche se con orari diversi, programmato dalle 22 di martedì alle 22 di giovedì.
Sciopero benzinai: i motivi della protesta
Lo sciopero dei benzinai segue il decreto Trasparenza, entrato in vigore lo scorso 15 giugno. Tra gli obblighi sanciti, il Governo Meloni ha previsto l’esposizione dei prezzi medi nazionali e di vendita dei carburanti nelle stazioni. Inoltre, l’esecutivo ha disposto la creazione di un’app, scaricabile sui moderni dispositivi mobile, con cui gli utenti riescano a conoscere la stazione di rifornimento più economica a loro vicino.
Mentre i cittadini pensano a un “contro-sciopero” e le opposizioni criticano con termini perentori il Consiglio dei Ministri, le associazioni sindacali muovono accuse. In una nota congiunta, sottolineano di aver mostrato la massima disponibilità a trovare una soluzione, senza però riscontrare nella controparte pari collaborazione.
Anzi, vi sarebbe stata una dura fermezza, malgrado in un primo momento Urso si fosse detto concorde ad accogliere la proposta di sostituire al cartello un QR Code o un’app. Ad aver fatto indispettire i gruppi ci hanno pensato le illazioni riguardanti presunte manovre speculative. Si sarebbe messa in discussione la buona fede degli operatori e questo non lo possono accettare. Sentono di essere dei capri espiatori per gli aumenti delle tariffe, dopo la decisione delle autorità di porre fine al taglio delle accise.
Ciononostante, le associazione di categoria rinnovano la loro disponibilità a discutere di soluzioni in futuro, per far fronte a ciascuna esigenza. L’audizione in Camera permetterà di sottoporre le idee di cambiamento, senza andare ad arrecare alcun tipo di danno ai propri rappresentati. Ricordiamo che negli scorsi giorni si sono tenuti degli incontri, anche presso la sede del ministero delle Imprese e del Made in Italy, con il proposito di trovare un punto d’intesa. Sebbene in un primo frangente le sigle non avessero scartato a priori un dietrofront, la fumata bianca non è mai arrivata.
Quali distributori potrebbe rimanere aperti
Faib, Fegica e Figisc/Anisa confermano, quindi, la mobilitazione, che, come anticipato in apertura, non riguarderà soltanto il servito, bensì pure il self-service. I conducenti che avranno bisogno di fare un pieno alla propria auto avranno, insomma, più di qualche difficoltà. Tuttavia, con certe scelte sarà possibile arginare il problema.
Innanzitutto, perché gli impianti direttamente gestiti dalle compagnie petrolifere dovrebbe quantomeno garantire il self-service. Ma in che modo si riconoscono? Individuarli non è, in effetti, semplice. Ciò poiché, anche qualora il punto vendita esponga il logo della società, in molti casi la gestione è affidata a un soggetto privato, che potrebbe aver deciso di aderire allo sciopero dei benzinai.
Stando ai numeri enunciati dai sindacati, i distributori sotto l’amministrazione diretta delle compagnie petrolifere costituiscono una minima parte del totale. L’ammontare corrisponderebbe a non più del 10 per cento della rete globale, formata da 22.654 impianti di distribuzione di carburante. Le statistiche risalgono al 2021, con il 70 per cento associati agli organizzatori dell’iniziativa.
Come riferisce il Corriere della Sera, i professionisti facenti capo all’Angac e all’Asnali si sono rifiutati di aderire al fermo. Al 10 per cento sopra indicato vanno sommati pure dei punti vendita, presso i quali saranno espletati i “servizi minimi essenziali”. Le strutture in questione saranno presumibilmente stabilite su base provinciale, che, in osservanza della legge, forniranno la prestazione minima necessaria.
Con l’ausilio del personale o in modalità self, il rifornimento di carburante sarà effettuato, in quanto servizio essenziale. Pertanto, lungo le strade urbane ed extraurbane rimarrà in funzione la metà delle stazioni di quelli attivi nei giorni festivi. Comunque, la gestione sarà di pertinenza delle autorità locali, nella figura delle singole prefetture.
Ad esempio, nell’area metropolitana di Milano – si apprende sempre quotidiano di via Solferino – gli enti coinvolti hanno decretato di assicurare la disponibilità delle pompe al 100 per cento automatizzate (le cosiddette ghost) e quelle in gestione diretta delle compagnie petrolifere. In merito alle autostrade, le Regioni hanno il compito di delineare quali distributori resteranno in funzione. L’unica norma da rispettare è che ce ne sia uno attivo ogni 100 km.
La reazione del Codacons
Il Codacons ha presentato appello alla Procura della Repubblica di Roma per la possibile configurazione di interruzione di servizio pubblico. Nel testo diramato l’associazione dei consumatori evidenzia come, malgrado lo sciopero rappresenti un diritto tutelato dalla Costituzione, il movimento di protesta non poggi su solide fondamenta.
Non sussisterebbero presupposti sensati e legittimi, anche perché, con tale intervento, danneggiano i consumatori, già colpiti dal caro carburanti. Ad avviso del Codacons l’attività proclamata potrebbe ledere uno dei diritti costituzionali della persona. Questo perché, con l’interruzione del servizio, i consumatori si vedono precludere la possibilità di assolvere alle proprie esigenze di vita correlate alla libertà di circolazione.