Tutto pronto per la 24 Ore di Daytona 2023, che andrà in scena questo fine settimana. La gara endurance d’oltreoceano segnerà il debutto sportivo della nuova Ferrari 296 GT3, con cui gli uomini del “cavallino rampante” vogliono primeggiare fra le Gran Turismo. La sfida statunitense va avanti dal 1962. Teatro del confronto è il Daytona International Speedway, in Florida. Qui, nel corso degli anni, si sono scritti duelli memorabili.
La prima edizione dell’evento americano propose 3 ore di battaglia agonistica. Nel 1964 si puntò sul format dei 2000 chilometri: una distanza doppia rispetto a quella di altre corse di durata di quel periodo storico. Risale al 1966 il debutto della formula delle 24 ore, mantenuta nel tempo e fino ai giorni nostri. Adesso è il turno di una nuova edizione di questa prestigiosa gara endurance. A Maranello confidano sulle doti della Ferrari 296 GT3 e sperano che si dimostri subito vincente.
Felice il rapporto delle “rosse” con la sfida di Daytona, a prescindere dalle sue configurazioni. Nel 1963 il marchio italiano si impose con Pedro Rodríguez, al volante di una Ferrari 250 GTO. Lo stesso pilota, in coppia con Phil Hill, su un modello identico, salì sul gradino più alto del podio nel 1964. Al 1967 risale la vittoria più famosa in assoluto: quella dell’arrivo in parata dei bolidi del “cavallino rampante”, con Lorenzo Bandini e Chris Amon primi al traguardo, su 330 P3/4.
Nel 1972 si imposero Mario Andretti e Jacky Ickx, su 312 PB. Nel 1988 gli onori della gloria andarono a Mauro Baldi, Arie Luyendyk, Gianpiero Moretti e Didier Theys, su Ferrari 333 SP. In tutte quelle edizioni della corsa statunitense, la casa di Maranello raccolse il successo assoluto. Quest’anno, con la 296 GT3, potrebbe maturare il successo di classe, anche se le qualifiche non sono andate benissimo. Sperando che sia di buon auspicio, ripassiamo le caratteristiche della nuova “rossa” insieme alla storia dei modelli Ferrari che hanno vinto a Daytona.
Ferrari 296 GT3
La Ferrari 296 GT3 si prepara a sostenere la 24 Ore di Daytona 2023, giunta alla 61esima edizione. Nella gara statunitense, in programma a breve, la vettura della casa di Maranello farà il suo debutto sportivo. Anche per questo, l’appuntamento suscita grande interesse negli appassionati, pronti a vivere la magia della sfida USA, valevole per il Campionato IMSA WeatherTech SportsCar 2023 e per la Michelin Endurance Cup.
Al Daytona International Speedway, alcuni giorni fa, le auto hanno iniziato i test. Il video a seguire mostra la 296 GT3, mentre scalda i muscoli in vista dell’imminente rendez-vous motoristico. Si tratta di un test pre-gara, ma per i tifosi del “cavallino rampante” è già sufficiente a creare un felice quadro emotivo. La nuova “rossa” per il motorsport piace ai piloti Competizioni GT della casa di Maranello. In un precedente post abbiamo raccolto le loro sensazioni, dopo le prove sui circuiti di Fiorano, Barcellona, Mugello e Portimao. Ora si avvicina la vera avventura agonistica.
Ricordiamo che la Ferrari 296 GT3 è nata per prendere il posto della 488 GT3. Pur avendo due cilindri in meno, spinge ancora più in alto l’efficienza prestazionale delle berlinette da gara del marchio emiliano, nelle sfide riservate alle Gran Turismo. Con lei torna in pista l’architettura della “vecchia” 246 SP. Anche qui la spinta è affidata a un motore V6, disposto in posizione posteriore-centrale. Cambia però tutto il resto.
La cilindrata è di 2992 centimetri cubi, come sulla 296 GTB, vettura stradale da cui deriva. Rispetto a questa, però, rinuncia alla natura ibrida, per aderire alla cornice normativa della serie. Senza l’ausilio dell’unità elettrica, il propulsore sovralimentato eroga una potenza massima di 600 cavalli a 7250 giri al minuto, con un picco di coppia di 710 Nm a 5500 giri al minuto. Il tutto su un peso di 1250 chilogrammi.
L’energia viene scaricata a terra con l’ausilio di un cambio a 6 marce, sviluppato appositamente per questa vettura. Si tratta di un sequenziale, disposto in posizione trasversale, dimensionato ai minimi termini, attraverso l’uso di materiali di frontiera, che ne hanno permesso la miniaturizzazione. La gestione avviene tramite due paddle dietro al volante. Facile intuire il tenore prestazionale di questa “rossa”, anche in virtù dell’aerodinamica estrema, con carichi deportanti di riferimento.
Un contributo alla stabilità giunge dal passo allungato, entro i limiti del regolamento. Ciò rende ancora più gestibile il comportamento dell’auto nelle sfide in pista, tanto per i piloti professionisti quanto per i gentleman driver. L’azione frenante è affidata a quattro dischi generosamente dimensionati: 400×36 all’anteriore, con pinze a 6 pistoncini; 332×32 al posteriore, con pinze a 4 pistoncini.
Dicevamo dell’attenzione per i flussi d’aria. Su questo fronte, gli studi e gli affinamenti in galleria del vento hanno prodotto i loro frutti. Un dato rende più chiaro il concetto: il carico deportante è superiore del 20% rispetto alla 488 GT3. Probabile che le versioni più estreme della 296 GTB, attese in listino, facciano tesoro delle esperienze maturate con questo progetto sportivo, nell’ambito del costante travaso dalle corse ai prodotti di serie che la casa di Maranello mette sempre in atto.
Come riferito in un’altra circostanza, merita di essere evidenziato quanto i tecnici del “cavallino rampante” siano riusciti a limitare al massimo la sensibilità della Ferrari 296 GT3 alle variazioni di assetto. In vista dell’impego nelle gare endurance, come la 24 Ore di Daytona, grande cura è stata posta alla riduzione dei consumi, in modo da aumentare l’elasticità nelle strategie di gara dei team. Presto scopriremo se il lavoro compiuto dagli ingegneri della casa di Maranello è stato fruttuoso.
Ferrari 250 GTO
Questa vettura si eleva a simbolo della tradizione Ferrari. Molti la considerano come la “rossa” più iconica di tutti i tempi. Lei è il mito per antonomasia. Il debutto in società della Ferrari 250 GTO avvenne nel 1962. Fu subito un colpo di fulmine. Incredibile il suo palmares, con tre titoli mondiali guadagnati nei primi tre anni di vita. Difficile immaginare un’auto più vincente, oltretutto, con una bellezza disarmante come la sua: roba da mettere in ginocchio le vetture nate espressamente per i concorsi d’eleganza.
A dare forma alla sua carrozzeria fu Sergio Scaglietti, facendo tesoro dei suggerimenti di Giotto Bizzarrini. Impossibile non innamorarsi delle linee di questa “rossa”, destinata all’eternità. Cuore pulsante della 250 GTO è un motore V12 da 3 litri di cilindrata, disposto in posizione anteriore, che sviluppa una potenza massima nell’ordine dei 300 cavalli, per una velocità massima di circa 290 km/h. Sublimi le sue melodie meccaniche, gestibili col pedale dell’acceleratore e con un cambio a 5 rapporti sincronizzati.
L’azione frenante fa capo a quattro dischi, chiamati a smorzare le danze di un’auto veloce come una monoposto di Formula 1 di inizio anni sessanta. Ottime le doti del telaio a traliccio in tubi d’acciaio, di tipo aeronautico, i cui riscontri sono decisamente migliori, sul piano della robustezza, di quelli offerti dal già valido chassis della 250 GT berlinetta passo corto (SWB). In totale la Ferrari 250 GTO fu prodotta in 39 esemplari, 32 dei quali con carrozzeria prima serie: sono i più belli.
Ferrari 330 P3/4
Questa vettura, con telaio numero 0846, altro non è che una 333 P3 trasformata in P4. Il cuore della vettura più recente trovò spazio sotto il suo cofano posteriore. Si trattava di un V12 da 4.0 litri di cilindrata, a 3 valvole per cilindro, in grado di sviluppare una potenza massima di 450 cavalli a 8000 giri al minuto. La Ferrari 330 P3/4 entrò in azione nella stagione sportiva 1967.
Alla 24 Ore di Daytona giunse un incredibile successo, fissato per sempre nella storia da una foto che immortala tre “rosse” allineate sulla linea del traguardo. Purtroppo alla Targa Florio un incidente tolse un sicuro successo all’idolo di casa Nino Vaccarella. Poi l’impiego alla 24 Ore di Le Mans, dove Scarfiotti bucò una gomma. Nel tentativo di rientrare ai box, le scintille prodotte dal cerchio furono un prezioso alleato delle fiamme, alimentate da una piccola perdita d’olio. L’auto andò a fuoco, ma per fortuna il pilota riuscì a scendere in tempo.
Come tutte le P4, anche la 330 P3/4 è un capolavoro assoluto, che inebria col fascino delle sue forme, con la sua storia, con la sua preziosa meccanica. Sublime il motore, firmato da Franco Rocchi, dove la forza si coniuga all’affidabilità. Questo dodici cilindri, con funzione portante, fece tesoro dell’esperienza acquisita in Formula 1. Ad ospitare la sinuosa carrozzeria in alluminio, plasmata da Piero Drogo, ci pensava un telaio a traliccio in tubi d’acciaio, con elementi scatolati. La 330 P4 vinse il titolo Mondiale Marche del 1967. Chapeau!
Ferrari 312 PB
Questa barchetta da gara seppe dominare il Mondiale Marche del 1972. Prese il posto della 512 S ed ebbe una carriera agonistica più luminosa della sua antesignana. La ridotta altezza del motore, con angolo di 180 gradi fra le bancate, contribuiva ad abbassare il baricentro della vettura, con vantaggi sul comportamento dinamico. Sui circuiti più tormentati, la Ferrari 312 PB poteva giovarsi anche di una grande agilità, per via delle dimensioni compatte.
Questa Sport è stata una vera iattura per i rivali, costretti a piegarsi alla sua evidente supremazia. Stretta la connessione con le monoposto di Formula 1, non solo sul fronte propulsivo. Anche il cambio e le sospensioni erano imparentati con quelli dei bolidi da Gran Premio. La spinta faceva capo a un motore derivato da quello della 312 B2. Si tratta di un V12 da 3 litri con 450 cavalli di potenza massima a 11200 giri al minuto. Un cuore potente e sonoro, ma anche molto affidabile. L’arma giusta per l’universo sportivo.
Notevole la robustezza strutturale del telaio. Questo si traduceva in un comportamento dinamico di eccellente livello, testimoniato dai molti successi raccolti in pista. La Ferrari 312 PB conquistò, nel 1972, tutte le dodici gare alle quali prese parte. Dieci di queste erano valide per il Mondiale. Nella lista c’era pure la Targa Florio, vinta con Merzario e Munari al volante. Purtroppo il modello non prese parte alla 24 Ore di Le Mans, su disposizione di Enzo Ferrari. Sarebbe stato interessante vedere cosa avrebbe fatto questa perla nella sfida della Sarthe.
Ferrari 333 SP
La sua presentazione avvenne alla fine del 1993. L’anno dopo esordì in gara, mostrando subito la sua tempra. Con lei prese forma il ritorno della casa di Maranello nelle corse per vetture sport-prototipo. Suo terreno d’elezione le sfide IMSA. La Ferrari 333 SP non scese mai in pista in modo ufficiale, ma fu schierata da team privati, che seppero gestirne al meglio il potenziale. Questa barchetta da corsa mise a segno 56 vittorie assolute e 69 pole position nell’arco della sua carriera. Nel palmares si contano anche quattro titoli Fia Sportscar Championship, guadagnati fra il 1998 e il 2001.
Cuore pulsante della 333 SP è un V12 aspirato da 4 litri di cilindrata, in grado di spingersi oltre i 12 mila giri. Questo motore a 5 valvole per cilindro sviluppava una potenza massima di 650 cavalli. Numerosi i provvedimenti restrittivi presi nei suoi confronti, per ridimensionarne il dominio soverchiante sulla concorrenza. Uno dei punti di forza del bolide del “cavallino rampante” era il telaio monoscocca in fibra di carbonio sviluppato da Dallara.
L’assemblaggio dell’auto venne curato da Michelotto, a Padova, che ne gestì anche le fasi di sviluppo successive. Il propulsore venne preso direttamente dalla F1, anche se con cilindrata più generosa, come era stato fatto vent’anni prima sulla 312P. La 333 SP ha segnato il ritorno della Ferrari nella categoria Sport, alla quale la casa di Maranello deve gran parte del suo appeal. Il passaggio alla disciplina, fortemente auspicato dai cultori del marchio, si materializzò nel 1993.