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Stellantis: “se si spegne Mirafiori si spegne Torino”

La produzione nello stabilimento di Mirafiori non convince i sindacati, con Fiom Cisl che reclama a gran voce il suo rilancio.

Mirafiori

Sullo stabilimento di Mirafiori si addensano fosche nubi, che non promettono nulla di buono. O almeno questo è il “sentiment” delle organizzazioni sindacali circa lo storico impianto facente oggi capo a Stellantis. I numeri dello scorso anno destano un malumore generale, esternato da Edi Lazzi. In una conferenza stampa il segretario generale di Fiom Torino evidenzia i numeri in forte calo dell’impianto, passato da 218 mila esemplari nel 2006 a 88 mila nel 2022. Il minimo storico toccato risale al 2019, quando dalla catena di assemblaggio uscirono appena 21 mila unità. Quindi, ha avuto luogo una graduale ricrescita, tuttavia ciò non basta a placare gli animi.

Stellantis: fermento attorno allo stabilimento di Mirafiori

Stellantis Mirafiori

A detta di Lazzi, Stellantis ha parecchia strada da percorrere per accontentare la manodopera. Il conglomerato italo-francese-americano, diretto da Carlos Tavares, si è impegnato a superare il tetto delle 100 mila vetture prodotte in un anno. Numeri ritenuti insufficienti, da qui il forte malumore manifestato dalle sigle. Per dare una seconda vita a Mirafiori – prosegue Lazzi – occorrono nuove produzioni e assunzioni a tempo indeterminato. Attualmente lo scenario sarebbe, al contrario, desolante. La metà di Mirafiori è vuota, ha dichiarato Lazzi. Su un totale di 3 milioni di metri quadrati, uno e mezzo risulta deserto. I piani perseguiti non sono abbastanza per Fiom Cisl, che invoca uno sforzo maggiore dai piani alti, affinché il numero totale di mezzi prodotti all’anno raggiunga quota 200 mila.

Si tratterebbe, dunque, di più che raddoppiare il rendimento attuale. Per tagliare il traguardo servirebbero più addetti. E arriva proprio in tal senso la seconda stoccata dei detrattori. Dal 2018 ad oggi i dipendenti sono, infatti, scesi da 15.459 a 11.336, con una perdita del 26,7 per cento. Inoltre, le parti esprimono preoccupazioni circa l’età media, particolarmente alta. Senza reclutare, nuovo personale tra sette anni – profetizza Fiom – sette lavoratori su dieci andranno in pensione. In assenza di ulteriori veicoli da costruire ne pagherà il territorio. Oltre al personale direttamente sotto contratto con Stellantis, l’indotto è in crisi. Dal 2008 a oggi – ha rimarcato il presidente di Fiom Cisl – hanno chiudere baracca e burattini 380 imprese e 32 mila persone hanno perso occupazione.

Fiom Cisl dal rivendicare più coinvolgimento del management societario. Porta avanti imperterriti la propria battaglia per ottenere nuove produzioni e incrementare la forza a Mirafiori, poiché la risalita dell’impianto continua a farsi attendere. A destare una reazione la consapevolezza dell’importanza nell’economia territoriale. Torino non può perdere valore nell’industria manifatturiera e nello specifico nelle vetture. Se si spegne Mirafiori si spegne Torino, ha concluso Lazzi.

Mirafiori
Mirafiori

Davanti alla fabbrica i delegati della Fiom hanno accolto ieri il candidato alla segreteria del Partito democratico, Stefano Bonaccini. Erano altresì presenti gli esponenti della Uilm, nonché alcuni membri del partito, tra cui gli ex parlamentari Antonio Boccuzzi e Davide Gariglio.

Bonaccini ha sottolineato di essere consapevole che non è sufficiente andare davanti a uno stabilimento per risolvere il problematico rapporto tra il Pd e i lavoratori. D’altro canto, ha voluto esserci perché crede sia opportuno stare dove la gente studia, lavora, vive. Ha l’impressione che il Pd venga visto come una forza politica distante dalla classe operaia, pagando forse un prezzo troppo elevato rispetto alle sue effettive responsabilità. Se non viene rimesso piede sui luoghi di lavoro, se si evita il dialogo a quattr’occhi coi cittadini è possibile pure avere le migliori idee del mondo, ma – ha aggiunto – il rischio è di fare solo demagogia.

Dopodiché, ha evidenziato di essere abituato a situazioni del genere. Il confronto diretto con i lavoratori è un’abitudine. È dell’avviso che sia opportuno esserci fisicamente laddove ne si appoggi le ragioni e la vertenza. Sentire la vicinanza delle autorità e dei partiti ricrea un’immediata fiducia. Nel corso degli ultimi anni per Bonaccini la manodopera ha trovato gli “altri”, poco i suoi colleghi di partito.

Se verrà nominato segretario, effettuerà pressioni affinché il gruppo dirigente nazionale stia sui territori per parlare, ascoltare ed eventualmente essere fischiati. Perché una classe dirigente autorevole si avverte nel momento in cui le cose non vanno per il verso sperato. Infine, Bonaccini ha indicato il precariato come problema principale dell’Italia. Quasi un’intera generazione rischia di non avere la possibilità di mettere su famiglia. È, pertanto, il caso di muoversi partendo dall’idea che il lavoro precario debba costare di più rispetto a quello stabile.

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