Gli incentivi auto sono già finiti per le vetture comprese nella fascia di emissioni di anidride carbonica tra 61 e 135 g/km. In meno di un mese i 150 milioni stanziati dal Governo Meloni sono già andati esauriti, a conferma della tendenza evidenziata nel 2022. L’esecutivo in carica ha deciso di non apportare correttivi alla formula delineata dal precedente Consiglio dei Ministri, guidato da Mario Draghi, e il risultato è stato il medesimo di dodici mesi fa. Nel mentre, proprio come lo scorso anno, suscitano pochissimo interesse i veicoli full electric e ibridi, per i quali sono stati, rispettivamente, spesi finora 7 e 8 milioni.
Incentivi auto: prosciugati per le vetture tradizionali
I numeri sono eloquenti sull’incapacità di promuovere i mezzi meno impattanti sull’ambiente. Un punto sul quale sono intervenuti vari addetti ai lavori, i quali hanno sottolineato i punti deboli degli incentivi auto. Le associazioni di categoria hanno imputato le responsabilità ad alcune condizioni necessarie da rispettare per l’ottenimento della somma.
Tra le presunte lacune vi sarebbe il price cap, ritenuto troppo basso. Il prezzo massimo delle vetture acquistabili costituirebbe un forte deterrente. Difatti, soprattutto le bev hanno un costo medio decisamente superiore, perciò, rientrare nei paletti fissati dalle istituzioni politiche, sarebbe complicato.
In secondo luogo, ci sono dei dubbi sulla decisione di escludere le imprese interessate alla formula del leasing. Per le compagnie specializzate nel settore sarebbe opportuno aprire anche a loro le porte, senza effettuare discriminazioni. La speranza è che le cifre sborsate dallo Stato non rimangano inutilizzate. Qualcuno reclama pure l’impiego del precedente surplus per rifinanziare l’incentivo auto dedicato alle vetture endotermiche nella fascia di emissioni di CO2 compresa tra i 61 e i 135 g/km. Comunque vadano le cose, è evidente che i conti non tornano.
Spetterà alle autorità di riferimento definire gli opportuni accorgimenti, affinché non venga a ripetersi lo stesso copione. Il ricambio del parco circolante è un obiettivo imprescindibile per l’Italia, che dei major markets ha l’età media più vecchia, pari a 12 anni, contro i 10 anni di Germania, Francia e Gran Bretagna. Ignorare la questione sarebbe controproducente, sia per questioni di sicurezza sia di inquinamento.