Compleanno importante, quest’anno, per la Maserati Khamsin, che compie 50 anni. Il suo debutto in società avvenne nel 1973, ma la produzione andò avanti fino al 1982. A dispetto del lungo ciclo commerciale, pochi furono gli esemplari costruiti. In totale, dai cancelli dello stabilimento di Modena, uscirono 435 vetture di questa specie.
Il destino commerciale fu segnato dalla crisi petrolifera e da altre congiunture poco favorevoli, come la dismissione di Maserati da parte di Citroen. Questa vettura avrebbe meritato di più, ma il corso della storia non si può cambiare. A volte sono ci sono delle variabili imponderabili che decretano il successo o l’insuccesso di un modello.
La lussuosa granturismo 2+2 a motore anteriore di cui ci stiamo occupando prese forma sotto la regia di Giulio Alfieri. Il progetto stilistico fu affidato a Bertone, che si giovò della preziosa matita di Marcello Gandini, un designer di ampia e riconosciuta fama. La Khamsin era una vettura dalle dimensioni generose e dai tratti filanti, che dissimulavano la presenza dei due posti dietro. In linea con la tradizione del marchio, anche in questo caso il nome si legava a quello di un vento.
Cuore pulsante di questa Maserati era un motore V8 da 4.9 litri che, nello step iniziale, erogava una potenza massima di 320 cavalli a 5500 giri al minuto, per uno scatto da 0 a 100 km/h in 7.3 secondi e una velocità massima di 275 km/h. Dati di buon livello per una granturismo confortevole, che non cercava le prestazioni estreme. Nel 1979 la scuderia subì un taglio, scendendo a 280 cavalli, per soddisfare i limiti statunitensi sulle emissioni, molto restrittivi in quel periodo storico.
Inevitabile un cospicuo calo prestazionale, ben rappresentato dalla riduzione della velocità di punta, scesa a 250 km/h. La Maserati Khamsin regalava al pilota una buona guidabilità, completata da un piacere sensoriale di adeguato livello. Il comportamento stradale del modello era incisivo, anche se non chirurgico come quello delle auto sportive del “tridente” a motore posteriore centrale.
La qualità dell’handling risultava appagante, grazie all’ottimale bilanciamento dei pesi reso possibile dallo schema transaxle. A fare il resto ci pensava la bontà dell’assetto. Il cambio manuale ZF a 5 marce assecondava bene il pilota nella gestione della potenza. La Khamsin fu l’ultima vettura della casa modenese a prendere forma sotto l’egida del “double chevron”. Anche questo la rende interessante dal punto di vista storico. Oggi è un’arzilla cinquantenne, che cerca di entrare nel cuore dei collezionisti.