Ieri si è spento Giotto Bizzarrini, un personaggio di primissimo piano nel mondo dell’auto. Con il suo fondamentale apporto sono sbocciati capolavori come la Ferrari 250 GTO, di cui è uno dei padri. Nato a Livorno il 6 giugno 1926, si mise subito in luce nel percorso formativo. Dopo il conseguimento della laurea in ingegneria, ottenne una cattedra all’Università degli Studi di Pisa, ma il mondo accademico non riuscì a trattenerlo. Troppo forte in lui il desiderio di lavorare sul campo, per dare meglio voce alla sua irrefrenabile passione per i mezzi a quattro ruote.
Nel 1954 entrò all’Alfa Romeo, dove rimase per tre anni. Poi si trasferì a Maranello, alla Ferrari, sogno di ogni progettista. Nella casa del “cavallino rampante” tirò fuori il meglio del suo talento, contribuendo in modo fondamentale alla nascita di alcuni dei modelli più iconici del marchio, entrati nell’Olimpo della specie. Fra questi, le mitiche Ferrari 250 Testa Rossa, 250 GT berlinetta passo corto (SWB), California SWB e 250 GTO. Quest’ultima fu realizzata in gran segreto, con una squadra di soli 4 tecnici. Fu il periodo del sodalizio con Carlo Chiti, suo corregionale ed amico.
Prima che la “rossa” più celebre di sempre facesse il suo debutto in società, il progettista toscano fu epurato dalla casa di Maranello, insieme ad altri ingegneri, dopo una lite con Enzo Ferrari. Il suo progetto fu affinato da Mauro Forghieri e Sergio Scaglietti. Questo incise sul futuro professionale del geniale progettista livornese, ma già il suo nome si era fissato nella storia. Con Chiti e il conte Giovanni Volpi di Misurata, capo della Scuderia Serenissima, fondò l’ATS, acronimo di Automobili Turismo e Sport. Fu un’avventura breve.
Negli anni successivi, Giotto Bizzarrini progettò il motore a 12 cilindri, da 3.5 litri, destinato ad alimentare le danze della Lamborghini 350 GTV. Sua anche la firma sulla celebre ISO Grifo, voluta da Renzo Rivolta. Risale al 1966 il debutto in società della Bizzarrini 5300 GT Strada, una granturismo da sogno, molto riuscita nello stile, nell’aerodinamica e nella meccanica. La produzione di questo modello giunse al suo epilogo dopo la nascita di 133 esemplari. Fu una bella parentesi. L’ingegnere toscano era un progettista a 360 gradi, che sapeva brillare su tutti i fronti. Eccellente la sua capacità di ideare da cima a fondo un modello. Pochi altri tecnici hanno palesato la stessa capacità. Fra questi il già citato Mauro Forghieri. Oggi il mondo si è svegliato senza di lui. Una grande perdita per l’automobilismo. Condoglianze ai familiari.