Dopo anni in cui Stellantis in Italia ha potuto fare quello che ha voluto, il gruppo automobilistico del CEO Carlos Tavares sembra essere entrato nel mirino del governo di Giorgia Meloni. Nato dalla fusione di Fiat Chrysler Automobiles e PSA nel mese di gennaio del 2021 l’azienda, secondo i suoi critici, sembra al momento essere più interessata a fare gli interessi della Francia rispetto a quelli dell’Italia. Ricordiamo che ad esempio nei giorni scorsi è stata inaugurata la Gigafactory di Douvrin che avrà circa 6.000 dipendenti e una capacità di 40 Gwh. Questo sito produttivo nato grazie alla joint venture con Total e Mercedes rappresenta un investimento da 7 miliardi di euro per il gruppo automobilistico che ha ricevuto sostegni dal governo francese per circa 2,8 miliardi di euro.
Una struttura simile ci sarà anche in Germania a Kaiserslautern. Anche in Italia a dire il vero avremo la nostra gigafactory a partire dal 2026 a Termoli. In questo caso i dipendenti impiegati nel sito produttivo dovrebbero essere circa 2 mila. Al momento però sui tempi di realizzazione di questa gigafactory non sembrano esserci sicurezze e dunque la possibilità che l’apertura possa slittare esiste. Secondo i critici la società di John Elkann non sta mostrando un grandissimo interesse nell’investire nel nostro paese. Ed ecco allora che il governo italiano intende intervenire per tutelare il made in Italy come già anticipato ampiamente dal Ministro Adolfo Urso. Non piace che vi sia uno sbilanciamento in favore dello Stato francese che detiene una quota del 6,5 per cento all’interno di Stellantis attraverso BPI France, la più alta quota tra gli azionisti del gruppo.
Per questo motivo in molti nel governo italiano chiedono l’ingresso del nostro stato in Stellantis attraverso la Cassa depositi e Prestiti. Al momento lo Stato Italiano non è presente nel capitale del gruppo se non attraverso una quota minima dell’1,13 per cento in mano alla Banca d’Italia. La quota di BPI France deriva da un precedente accordo con Peugeot quando lo stato francese intervenne per salvare la casa automobilistica del Leone che versava in cattive acque. Di recente si sono registrate le parole del Presidente John Elkann il quale ha escluso un ingresso dello stato italiano dicendo che l’intervento statale si verifica di solito quando le cose vanno male ma per Stellantis attualmente le cose vanno invece molto bene e dunque non c’è assolutamente bisogno di un intervento statale.
Basti pensare che Stellantis nel 2022 ha chiuso l’anno con un fatturato di 180 miliardi di euro e un utile netto di 16,8 miliardi. Numeri importanti che certificano il successo di questa fusione che ha dato origine al nuovo gruppo. Anche in Borsa le cose per il gruppo vanno abbastanza bene con il suo valore saldamente sopra quota 50 miliardi di euro. Al momento sembra difficile un ingresso dello stato italiano nell’azienda. Sembra più facile ipotizzare che alla fine John Elkann possa decidere di aumentare ulteriormente gli investimenti in Italia per frenare le polemiche con l’esecutivo.
Un altro pericolo però incombe su Stellantis secondo alcuni. Il recente incontro di Elon Musk con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi fa temere futuri accordi che potrebbero ridurre il peso del gruppo di John Elkann in Italia. Qualcuno ad esempio ipotizza la possibile creazione di una gifafactory di Tesla nel nostro paese che finirebbe per rubare la scena a Stellantis. L’Italia al momento punta quasi tutta la sua produzione di auto sul gruppo di Carlos Tavares ma con una fabbrica di Tesla le cose cambierebbero radicalmente. La presenza di un forte concorrente potrebbe dunque spingere la società di John Elkann ad effettuare nuovi investimenti nel nostro paese per la produzione di nuove auto nei suoi stabilimenti. Il governo nel frattempo chiede che la produzione di auto nel nostro paese passi dalle attuali 473 mila ad oltre 1 milione. Vedremo dunque come si evolverà la situazione del gruppo automobilistico nel nostro paese e se le pressioni che arrivano dal governo italiano porteranno a qualche novità importante.