Il tempo si snoda in appena 90 secondi, ma la sequenza di immagini, densa di emotività, basta a inebriare l’anima. L’anteprima ufficiale del trailer del nuovo film su Enzo Ferrari, al debutto nei cinema in occasione del Natale, irrompe nell’arena cinematografica con una potenza magnetica, svelando frammenti del quadro emotivo che si profila. L’arco temporale si aggancia all’estate del 1957, un’epoca eterea in cui Michael Mann, con destrezza hollywoodiana, intreccia la trama dei destini umani, familiari, aziendali e sportivi del grande uomo modenese.
L’Emilia Romagna, nel gioco di luci ed ombre della trama, diventa lo scenario naturale per questa pellicola dedicata a uno dei suoi figli prediletti. A dirigere l’opera, come dicevamo, il regista americano Michael Mann, maestro del cinema d’azione. Sul palcoscenico spiccano il protagonista Adam Driver, scelto per impersonare Enzo Ferrari, e Penelope Cruz, dea tra le attrici, che indosserà i panni di Laura Garello, moglie del Commendatore.
Nel firmamento di stelle, anche Shailene Woodley e Gabriel Leone, affiancati da Jack O’Connell, Patrick Dempsey e Sarah Gadon, in un cast che disegna la promessa di un coinvolgimento emozionale senza pari. Un’intricata sinfonia di talenti e di volti che si riflettono nello specchio increspato delle città di Reggio Emilia e Modena, luoghi trasfigurati in teatro dell’epoca.
Il film trae ispirazione dal volume “Enzo Ferrari: The Man, The Cars, The Races, The Machine” di Brock Yates, imponendo l’incanto degli anni ’50 come fondale. Nell’onda cinematografica, emergono frammenti di un affresco vivido: le avventure e le tragiche disavventure che segnarono l’uomo dietro il mito.
Il carismatico Enzo Ferrari, una figura che inonda di curiosità e passione, si ritrova protagonista di un momento cruciale, nel difficile 1957. I bilanci in rosso, le spire del fallimento, la scomparsa del figlio Dino nel tormento dell’anno precedente: questi e altri drammi personali sono come spine inferte al fianco del Drake. Ma con tenacia, l’imprenditore modenese decide di sfidare il destino.
La Mille Miglia, cuore pulsante dell’automobilismo italiano, è la carta vincente che Enzo Ferrari gioca con l’audacia di chi ha tutto da guadagnare e nulla da perdere. Una mossa rischiosa, un’opera da scrivere sul nastro d’asfalto. In questa partita la “rossa” incarnerà l’anima del cavaliere, sospinta dallo spirito della sfida.
Ma il destino, crudele narratore, ha la sua storia da raccontare. Uno pneumatico scoppiato, un urlo smorzato, un dolore senza fine: l’incidente alla Ferrari 335 S di Alfonso de Portago spezza l’entusiasmo, il rombo diventa un grido soffocato. Nove spettatori e due piloti morti, un maledetto destino.
La “Freccia Rossa”, insignita di successi e sogni, giunge a un crocevia di dolore, segnando il termine della sua corsa. Quella Mille Miglia è scritta nella storia come un’ultima pagina densa di lacrime e di addii. Ecco le parole di Michael Mann, scritte sulla vela dell’anima: “L’intero film racconta tre mesi della vita di Enzo Ferrari, durante l’estate del 1957. È un’opera melodrammatica. Tutto ciò che lui è stato si scontra con ciò che potrebbe diventare”.
Il set, illuminato dai riflettori e dalla passione, è un caleidoscopio di scene che danzano nel tempo. L’opera è un’orgia di spettacolarità, un complesso di talenti che tessono un’epopea hollywoodiana. La macchina centrale, la Ferrari 335 S, è una creatura rarissima, una leggenda. Nel suo ruggito, vive il respiro di una storia, il suo nome legato alla tragedia, la sua velocità impreziosita dal vento di quei giorni.
Le auto storiche, quei ruggenti bolidi, sono più di semplici lamiere e motori. Sono frammenti di passione, legami con la storia e il cuore di chi le creò. La Ferrari 335 S, con il suo motore V12 da 4 litri, sottolinea il peso del suo nome. Eroga 390 cavalli a 7400 giri al minuto: una danza di potenza. La velocità di punta si inoltra nel territorio dei 300 km/h, una fuga nello spazio.
In sole quattro unità, il modello fu forgiato tra il 1957 e il 1958. La sua cronaca è un mosaico di emozioni. Nel palmares si segnala il primo posto al Gran Premio del Venezuela, con Peter Collins e Phil Hill, davanti a Mike Biancospino e Luigi Musso, su una vettura gemella. Ci sono anche un paio di secondi posti, alla 1000 Chilometri del Nurburgring e al Gran Premio di Svezia.
Sul nastro d’asfalto della 24 Ore di Le Mans del 1957, la Ferrari 335 S segnò il giro più veloce, alla media di 192 km/h. Grazie al suo importante contributo, la casa di Maranello si impose nel Mondiale Costruttori, per la quarta volta nella sua storia. Ma il trionfo alla Mille Miglia, in quel maledetto giorno di dolore, ha segnato il destino del modello. Un capolavoro macchiato di tragedia.