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FCA: le motivazioni che hanno portato alla cessione di Magneti Marelli

FCA fa cassa e prepara una nuova strategia di espansione

La vendita di Magneti Marelli, annunciata ufficialmente nel corso della giornata di ieri, porterà nelle casse di FCA circa 6.2 miliardi di Euro che, ad una prima analisi superficiale, bastano già a rispondere alla domanda che, in queste ore, circola in rete “Perché FCA ha venduto Magneti Marelli?”. 

L’ipotesi di cessione di Magneti Marelli circolava da diversi mesi (ne parlavamo già nel 2016), molto prima dell’annuncio del nuovo piano industriale avvenuto lo scorso giugno e, soprattutto, della morte improvvisa di Sergio Marchionne che ha portato ad un’accelerazione del processo che ha visto la nomina a nuovo amministratore delegato di Mike Manley. L’ex numero uno di Jeep ha, in ogni caso, giocato un ruolo importante nella velocizzazione del processo di cessione di Magneti Marelli.

FCA ha, quindi, scelto di sacrificare Magneti Marelli per fare cassa e finanziare l’esecuzione dell’ambizioso piano industriale che, in teoria, dovrebbe completare il piano di trasformazione del gruppo avviato da Marchionne molti anni fa. Il nuovo piano industriale, molto più del precedente, prevede una notevole espansione della gamma e, soprattutto, include una serie di importanti investimenti nell’elettrico e nell’ibrido, tecnologie completamente assenti, sino a pochi anni fa, dalla gamma di FCA che, è chiaro, che nel processo di elettrificazione è molto indietro rispetto alle dirette concorrenti.

In questi anni, FCA ha “tirato avanti” riutilizzando, sino al limite tecnologico, architetture oramai obsolete su cui poggiano ancora diversi modelli della sua gamma. Per il futuro, per dar vita ad una gamma elettrificata e moderna, servono nuove piattaforme e risorse enormi per finanziarle. Gli oltre 6 miliardi di Euro in arrivo da Calsonic Kansei garantiranno al gruppo i fondi necessari per poter accelerare il processo di rinnovamento e, fattore importante, non restare indietro rispetto ad un’agguerritissima concorrenza.

La necessità di nuove piattaforme è evidente. Un modello internazionale come la Jeep Renegade, venduta praticamente in tutto il mondo e vero simbolo del processo di trasformazione del marchio americano, sta faticando non poco a ricevere una variante ibrida, già disponibile per molte dirette concorrenti, ed ha avuto bisogno di un motore tre cilindri più compatto per poter essere elettrificata.

L’evoluzione della gamma Alfa Romeo degli ultimi anni è un chiaro sintomo dell’importanza delle nuove piattaforme. La piattaforma Giorgio di Giulia e Stelvio è servita a rilanciare il marchio ma il suo sviluppo ha portato dei costi enormi per l’azienda che, di fatto, ha dovuto rallentare l’espansione della gamma Alfa Romeo, ancora in attesa di un terzo modello di nuova generazione.

FCA sempre più vicina al “modello tedesco”

In molti, in queste ore, criticano la scelta di FCA di vendere un’azienda che, di fatto, si occupa di produrre tecnologia a cui l’intera industria automotive potrebbe essere interessata. Tale scelta, oltre che per fare cassa in tempi rapidi, è legata anche all’opportunità di seguire una strategia tipica dei costruttori tedeschi che, da tempo, hanno scelto di non auto-prodursi i componenti ma di “controllare” con enormi commissioni specifici fornitori esterni.

Un’azienda leader del mercato automotive come Volkswagen ha potuto investire miliardi di Euro (nonostante il caso dieselgate) per sviluppare piattaforme modulari di nuova generazione, in grado di adeguarsi alle nuove esigenze del mercato, e nuovi powertrain ibridi per auto di tutte le taglie. Il “modello tedesco” viene riproposto da Daimler e BMW, regine del mercato premium che possono contare su di una gamma enorme con un unico brand principale.

I principali costruttori del settore automotive, quindi, hanno scelto di non possedere un produttore di componenti ma di affidarsi a soluzioni “già pronte” e facilmente integrabili in piattaforme di nuova generazione (sviluppate ad hoc) che vengono prodotte da aziende leader del settore che devono farsi carico di tutto il lavoro di ricerca e sviluppo e di progettazione.

La cessione di FCA rientra, quindi, anche nella volontà di adeguarsi ad una chiara tendenza dell’industria automotive. L’auto-produzione di componenti è un business che non rende più di tanto e il controllo di Magneti Marelli per FCA era diventato un asset importante ma non prioritario, sacrificabile nell’ottica di un massiccio investimento per il futuro del gruppo.

L’industria automotive si divide da produttori di auto e produttori di componenti che, di fatto, adeguano i loro investimenti alle richieste delle principali case automobilistiche. In questi anni, FCA ha agito come un produttore secondario, con scarsa possibilità di investimento a causa anche dell’enorme debito industriale, azzerato negli ultimi mesi della gestione Marchionne.

In futuro, anche grazie ai ricavi della cessione di Magneti Marelli, FCA potrà investire maggiormente in nuove tecnologie cercando di “controllare” i fornitori esterni, come già fanno altre dirette concorrenti, ed accelerando il processo di rinnovamento della gamma concentrando le risorse interne sullo sviluppo di piattaforme proprietarie di nuova generazione su cui sviluppare i futuri modelli.

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