Premessa: oggi ClubAlfa accetta di pubblicare un articolo di un grande amico non che storico appassionato del brand Alfa Romeo, di seguito le sue piccanti ma anche condivisibili considerazioni in merito all’ultimo andazzo.
Il dilemma non è se questo prodotto può piacere o meno: i canoni estetici del design automobilistico possono essere avvalorati da miti viventi del design come Giugiaro, che mai avrebbero osato metter mano allo scudetto Alfa Romeo (sarebbe stato come rovinare il naso di una statua già perfetta di suo, come paragone) il problema non è appunto l’opinabilità dei canoni estetici in quanto alla fin fine, il mercato è sovrano e – SE PIACE – verrà accettato questo stilema (stuprato) a tal punto in questo caso.
Di certo è che il buon gusto delle linee pulite e lo stile delle Alfa Romeo non appartengono più alle nuove generazioni odierne – che a malapena leggono 5 righe di didascalia sotto un post su IG – figuriamoci intendersene di design: accettano quello che (diciamocelo) schifosamente gli viene offerto senza senso critico, acquistandolo.
Fa parte (purtroppo) dell’involversi generazionale, e non sempre è cosa buona ciò che viene dopo: problema culturale? Si certo, senza paura possiamo dirlo. E diciamocela tutta, avanti: Mesonero non è di certo un calibro come Giugiaro, nel potersi togliere la libertà di metter mano allo scudetto AR, dove il termine rivisitazione cozza molto con l’impressione di esser stato ricalcato sulla finestra con un trasferello colorato di plastica trasparente.
Sarà il mercato a decidere: che va cavalcato e non osteggiato
Ricordiamo però che nemmeno De Silva, in VAG , sconvolse il design della GOLF – e di certo design è la parola che meno si avvicina alla Golf – ma testimonia che un cubotto può vedere moltissimo. L’aspetto tecnico? Una volta dicevano che nel costruire un’Alfa Romeo non bisognava mai scendere a compromessi, ed in molti si sono impastati e riempiti la bocca di tutto ciò: ricordo perfettamente l’accanimento contro 145/156, 155, GTV e Spider 916 vari.
Disprezzate oltre ogni limite della decenza, vessate, umiliate e di cui nessuno tenne mai minimamente conto della differenza – la stessa (?) che ad oggi ci stanno sottolineando da Stellantis – nella taratura delle sospensioni e differenziazione rispetto ai modelli che condividevano la piattaforma nel gruppo FIAT/FCA a seguire.
Beh che dire..al di là della bolla speculativa che coinvolge la 916 – evidente – anche le quotazioni della 155 stanno salendo: la più massacrata in quanto erede del fenomeno ideologico 75, sta raggiungendo quotazioni non indifferenti rispetto alle offerte del rottamaio.
Che dire..al compimento del 20° anni di età tutte le Alfa Romeo sono belle e di interesse storico? A pensar male ci si azzecca, troppo spesso: soprattutto quando a decantarle e tributarle sono quelli che fino a 10 anni fa le definivano dispregiativamente “Alfiat”. Non ha valso nulla, all’epoca, dimostrare coi fatti che il comportamento fra le AR e gli altri modelli del gruppo erano diversi su strada, la dinamica e la resa erano diversi.. non bastava tutto ciò dalla seconda metà degli anni 90 fino a comunque all’avvento della 159/Brera: beh certo, l’innovazione tecnica dei quadrilateri alti in magnesio su un’auto di serie come la 156 fece rumore ed in molti se ne accorsero, eccome…ma non fu sufficiente al lancio per limare l’astio e l’odio dell’aver perso trazione posteriore, bilanciamento delle masse sospese e quel patrimonio tecnico derubato da FIAT nell’86, no, non bastò: per partito preso le “Alfiat” dovevano essere demonizzate da costoro.
Ma anche qui la 156 – ad oggi – essendo ventennale, gode di stima, ammirazione proprio dagli stessi che la denigrarono all’epoca: e l’incoerenza non ci piace come non dimentichiamo gli autori di certi post offensivi. Ma chi sono questi “denigratori”?
I nomi sono sempre quelli della grande piazza Alfista da 30 anni a questa parte: possono aver militato in club integralisti a livello ideologico in passato, averne fondato di nuovi o autodefinirsi giornalisti per il solo appartenere all’ordine, gente che lavora con il brand Alfa Romeo dovendo vendere biglietti per il proprio museo organizzandoci eventi, o che ne organizza in pista, titolari di aziende, rivenditori di automobili, autori di libri – ma che a parte rarissimi casi, non guida Alfa Romeo tutti i giorni, ma anzi ha guidato straniere.
Boicottando – de facto – un prodotto italiano. Certo, la connivenza fastidiosa nell’alimentare il sistema FIAT come scusante da un lato ed il dispiacersi dall’altro per il venire meno all’indotto italiano e relativi lavoratori dall’altro spesso li ammanta come elementi.
In ogni caso gente che dalle grosse mammelle di Alfa Romeo ha munto – e continua a mungere – citando il passato ma mai avendo guidato il contemporaneo, seppur in rari contrari casi. Gente “della cricca” che deve apparire sotto i riflettori della presentazione di questo modello, ma che minimamente non solo non lo acquisterà mai, ma non ha mai preso manco una MiTo come seconda auto in casa.
Ma grandi Alfisti di estrazione, certo, quando bisogna magari chiedere a qualche collezionista di scattare qualche foto a qualche modello che i soliti gerontocratici dell’ambiente non possiedono: qualche modello che – appunto – inizia ad essere richiesto, a dispetto dei loro precedenti verdetti avversi. Oggi avviene l’inversione dei poli magnetici dell’Alfismo italiano: la gente di cui sopra, accoglie di buon grado questo prodotto, Milano/Junior, basato su piattaforma Stellantis.
Lo stesso scheletro, diverso abito – se non nella rigidità delle sospensioni (boccole ed ammortizzatori?) e sterzo più diretto della categoria: un mantra che viene recitato più come difesa che come vanto dai progettisti, in quanto sappiamo benissimo che lo schema sospensivo – nei punti di attacco – della piattaforma Stellantis scelta per questo prodotto non permette margini di manovra ottimizzabili come lo fu in passato per altri modelli di AR.
Ci viene imposto, dalla quasi totalità dei giornalisti pure, di accettare che questo prodotto sia – l’ennesimo – tentativo di rilancio della Casa Madre per far “cassa” e produrre modelli piu’ affini allo spirito e DNA del Marchio.
A noi che voi giornalisti non abbiate più visualizzazioni, likes e compensi tramite YouTube non ce ne importa: è ora di finirla con un certo tipo di giornalismo presunto e tornare a scrivere le cose come stanno, come vanno dette. Una balla: secca e clamorosa, di questo stiamo parlando. Perchè di tentativi, di compromessi, nel passato ce ne furono già – appunto e di cui sopra: e furono caldamente osteggiati e boicottati. E non crediamo affatto che questa, sia la svolta clamorosa promessa da un salvatore della Patria: inutile parlare dei meccanismi aziendali dell’attribuzione dei compensi del management attuale in quanto ci sono regole ben precise a livello fiscale. Di certo però tatto ed etica nel farlo – e destinare una parte dei fondi, anche per circostanza, non sarebbe stato affatto malaccio come mossa mediatica di circostanza visto le recenti polemiche con l’indotto lavorativo italiano: a volte la forma conta, ma pecunia non olet.
Il nome che cambia Milano / Junior, la piattaforma Giorgio
Flop del cambio nome a parte – giusto per omni comprendere ogni parte della vicenda. Un passo indietro è doveroso: il capitolo Giulia e Stelvio, sviluppati su piattaforma prioritaria, tecnologicamente sviluppata – Giorgio: non elettrificabile, dissero i vertici dell’attuale asset aziendale – bugiardi diciamo noi in quanto le Maserati con stessa piattaforma, circolano eccome. Motorizzazioni interessanti, brillanti, per non dire sublimi nel top di gamma con 2.9 biturbo, il cui step2 evolutivo, denominato NETTUNO è appannaggio di Maserati e nemmeno delle serie speciale e numerata Giulia GTA/GTAm: altro smacco specie verso i collezionisti Alfa Romeo diciamo noi.
Aggiungiamo solo la MC20, un flop commerciale – punito dal mercato: forse se il progetto come Alfa Romeo avesse proseguito il suo corso, e fosse nata una “6C” avrebbe venduto? Diciamolo: si, come è diventata un instant classic la 4C all’epoca.
Diciamolo senza paura perchè i tedeschi sono da decenni che offrono condivisione di piattaforme e propulsori senza paura di concorrenza di sovrapposizione interna di mercato: ma qua in Italia, “toccare” Maserati, o peggio ancora Ferrari, è un sacrilegio, non ammissibile. Bisogna sempre salvare la Maserati sacrificando Alfa Romeo – come successe molti decenni fa e d’altronde la storia è ciclica e i cassetti non sono vuoti ma vengono svuotati. Ma torniamo un attimo a Giulia e Stelvio: tutti gli Alfisti “veeeeri” con tremila “E” – quelli che su svariate pagine dei forum (eh si..Facebook ed i social non esistevano ancora, poi sono apparsi anche li però, ove tuttora li possiamo trovare ed in molti si riconosceranno in queste righe, imborghesiti da una lunga militanza che in certi casi ha apportato anche un benessere non solo legato alla sfera hobbystica..) non le hanno comprato, nonostante chiari e netti richiami di stilemi classici Alfa Romeo o elementi di tecnologia meccanica ripresi dalle decadi precedenti.
Ci ritroviamo con un modello, Giulia , che incarna esattamente tutto cio’ che avevano sempre sperato sin dalla cessata produzione di una certa tipologia e filosofia costruttiva: ma non la comprano, la boicottano: è una FIAT.
La colpa sarà sicuramente da attribuire ANCHE alla rete vendita ed assistenza, non in grado di soddisfare le aspettative di un cliente premium dove la Casa è assente da 30 anni – e si sapeva che non era facile iniziare a colmare un cosi’ pesante vuoto: d’altronde la Rete non era abituata a quel tipo di clientela prima d’ora e la grande tradizione di vendita Alfa Romeo era già andata a perdersi, sciogliendosi come neve al sole, nei decenni precedenti.
La colpa sarà stata anche dall’assenza di una variante SportWagon o di una gamma di motorizzazione declinate in maniera tale da non esser costretti al balzello del superbollo, certo. Ma a parte questi tre errori, il boicottamento da parte del pubblico, ex Alfista, che avrebbe dovuto acquistarla e riconoscerla come il modello del grande ritorno, è la colpa piu’ grande: attrarre il cliente premium da BMW e Mercedes, sarebbe stato un passo successivo. Pensavano questi Alfisti “veeeri” che la Giulia sarebbe costata come prendere le Alfette o le 75 dal rottamaio negli anni 90?
Con qualche spicciolo?
Che la qualità intesa come raffinatezza tecnica non si pagasse?
O meglio che non si dovesse pagare in quanto “FIAT”? A questo punto vien da chiedersi se avessero avuto i mezzi economici negli anni che furono, avrebbero acquistato Alfa Romeo dell’epoca NUOVE o si sarebbero orientati verso altri marchi?
La domanda è lecita: è facile fare l’Alfista pagando il bollo in forma ridotta su un veicolo acquistato per pochi spicci, non nuovo.
Ma è essere Alfista quello?
No, e i dati delle vendite di questi sedicenti amanti dell’età dell’oro, non coerenti nell’acquistare poi quello che il Marchio gli ha offerto,li condanna moralmente.
Ma oramai poco serve, in quanto il treno della rinascita delle occasioni, passa solo una volta e dopo gli ingenti investimenti di Marchionne, l’unico che ha voluto risollevare l’Alfa Romeo creando prodotti validi tra 4C, Giulia e Stelvio – il NULLA.
Ma rimaneva una costante, in tutto ciò: il fatto che Alfa Romeo era assemblata in Italia, dava da “mangiare” a lavoratori e famiglie italiane, indotti italiani.
Ad oggi ciò non è più cosi con la Milano, pardon Junior, in quanto “dobbiamo” non solo non giudicarla, ma turarci il naso accettando che sia di produzione polacca: già la storia puzza di suo in quanto in un segmento ancora più concorrenziale, la produzione della Pandina è stata riallocata in Italia, mentre la Junior no. Poi è emerso che non c’era la linea di produzione per la piattaforma utilizzata qui in Italia non c’era uno stabilimento ad hoc.
Bugie come il fatto che il pianale Giorgio non era elettrificabile ma poi Maserati ci dimostra il contrario? Chissà..certo che credere alle dichiarazioni di un CEO così: non è più possibile.
E questa “polaccata” tenetevela, in quanto è la goccia che ha fatto traboccare il vaso di chi da sempre, ha retto la bandiera, prendendo non propriamente vento in faccia.
Perchè quando avevate due modelli a listino, MiTo e Giulietta, NOI vi abbiamo tenuto su le vendite
Dopo l’importante è abusare dei termini e valori del significato sportivo e stilistico del Marchio, inneggiando al Passato ma de facto, al di là di esercizi di palestra come la 33 Stradale, la sostanza non solo è poca ma ben lontana da quello che dovrebbe essere accontentare il pubblico Alfista: il prodotto non è quello atteso dal pubblico, ed in Alfa Romeo lo sanno benissimo, visto la fiumana di critiche – aspre e dure – che hanno accompagnato questo modello.
Perchè la sintesi è – in breve – fatevela piacere perchè è l’unica conditio sine qua non per far volumi di cassa finalizzati alla realizzazione di modelli piu’ sportivi e consoni allo spirito del Marchio: facciamo il giro dell’oca – ci credete ancora? Devono convincere noi o loro stessi?
E potenziali nuovi clienti perchè dovrebbero scegliere questo prodotto con la marea di alternative simili – forse anche migliori?
E lo zoccolo duro, rappresentato dalla clientela storica del Marchio, perchè dovrebbe acquistare un’AlfA Romeo polacca?
Al di là delle sfilate alla prima, perchè è bello stare sotto le luci della ribalta per avere cinque minuti di gloria ed apparire in qualche sede istituzionale importante dell’ambiente – chi ha partecipato alla première o dove la vettura è stata esposta – ha già un contratto di preordine da postare come storia in rete?
No…stranamente si accampano le scuse del “io non la comprerò perchè è piccola” o roba del genere: e torniamo a quanto detto sopra…
Ma intanto ci facciamo vedere lì, dando un effettivo simbolico sostegno al Marchio con la propria presenza – non concretizzandola poi in un contratto d’acquisto.
Come all’epoca facemmo in molti di noi, quando venimmo denigrati per aver acquistato la nostra cara ed amata “alfiat” – che pero’ aveva una linea ed era italiana, precisiamo.
Resta soltanto un elemento a favore di tutta questa storia: ogni volta che viene presentata un’Alfa Romeo, che se ne parli bene, che se ne parli male – l’importante è che se ne parli.
Ma se – romanticamente ci fosse concesso – in un mondo ideale sarebbe stato ritirarsi da vincitori sul campo della tecnologia del prodotto, con Giulia e Stelvio con un’impavida affermazione “..ve le abbiamo progettate, non le avete volute: ci ritiriamo da “campioni” .
Impossibile sogno in un mondo consumista come quello odierno: ma d’altronde gli Alfisti, quelli veri, con una “e” sola, sono gli ultimi intramontabili romantici della strada.
Per tutto il resto, c’e’ Mastercard, recitava una vecchia pubblicità…ed il vil denaro, oggi la fa da padrone tra un libro, un evento, o qualsiasi cosa sia riconducibile al guadagno, grazie a Mamma Alfa.
IL DUCA – Rodolfo P. Frausin
Presidente Ass. Culturale Stile Alfa Romeo e ASD Triveneta Corse