Dai tempi dell’avvocato Gianni Agnelli ne è passata acqua sotto i ponti. I dividendi minimi dell’azienda erano stati utili al padre per mettere insieme lo stabilimento di Mirafiori. Poi sono arrivati, abbondanti, i fondi pubblici utili a espandere l’azienda. Il nipote ed erede, John Elkann, attuale presidente Stellantis, sta invece lasciando ben poco in Italia. Ma quanto ha ricevuto Stellantis dallo Stato italiano? E in cambio di cosa? Il consueto e puntualissimo Dataroom di Milena Gabanelli ha fatto una ricostruzione completa per dipingere un quadro che racconta molto dell’impegno (e di quello che non c’è stato) del brand societario internazionale.
Nella “fase Fiat”, il gruppo ha beneficiato di significative quantità di fondi pubblici. Stabilimenti come quelli di Melfi e Termini Imerese, sono stati costruiti con risorse statali. Impossibile ricostruire l’importo esatto ricevuto dall’azienda date le documentazioni non reperibili. Secondo una ricerca di Davide Bubbico, docente all’Università di Salerno, tra il 1990 e il 2019 i contributi arrivano a circa 4 miliardi di euro, a fronte di poco più di 10 miliardi di investimenti totali dell’azienda.
Controllando il Registro nazionale aiuti di Stato si può verificare che da ottobre 2016 a gennaio 2024 sono stati erogati, prima a FCA e poi a Stellantis, aiuti per un totale di 100 milioni di euro, inclusi circa 7 milioni di incentivi per il rinnovo all’Industria 4.0, senza contare la cassa integrazione. I dati Inps raccontano come nel 2014 e nel 2020 FCA abbia ricevuto contributi per 446 milioni di euro (di cui 263 coperti successivamente dall’azienda). Dal 2021 ad aprile 2024, la cifra sale a 984 milioni (e qui solo 280 sono a carico dell’azienda).
Dopo tutti questi aiuti, va osservata la situazione degli stabilimenti italiani. Sappiamo che fino a gennaio 2021 vi lavoravano 52.740 persone. Alla fine del 2023, il numero di dipendenti è sceso a 42.700. In tre anni, dunque, si sono persi 10mila posti di lavoro. Per “spingere” queste uscite dall’azienda, si stima che siano stati spesi tra 600 e 700 milioni dall’azienda. Intanto, gli azionisti, come si legge nel Dataroom, “stanno molto bene”. Per il prossimo anno, inoltre, il gruppo ha già annunciato che aumenterà la quota di dividendi distribuita.
Il governo Meloni ha stanziato 350 milioni di euro per convertire lo stabilimento di Termoli in una gigafactory che, però, Acc, la joint venture partecipata da Stellantis con Total Energies e Mercedes Benz ha stoppato prima di partire con la costruzione di batterie. Esiste, intanto, un fondo da 8,7 miliardi per l’automotive voluto dal governo Draghi nel 2022, da spendere entro il 2030. Poco più di 800 milioni sono stati destinati a Stellantis e altri milioni di incentivi sono andati alle auto Stellantis, di cui solo la metà di quelle interessate sono prodotte in Italia.
Il governo Meloni ha riorganizzato gli incentivi per indirizzarli verso auto prodotte in Italia, come la 500 elettrica, le Jeep hybrid e la Panda a benzina prodotta a Pomigliano. Nonostante i numerosi contributi pubblici, i governi italiani dal 2020 a oggi non hanno convinto Stellantis a prendere impegni precisi sulla produzione e l’occupazione in Italia.
Molte azioni del governo hanno colpito “la forma”. Si pensi ai loghi tricolore da togliere in alcuni modelli, o ai nomi da cambiare perché “ingannevoli” in fatto di italianità”. Pare che il braccio di ferro non stia andando particolarmente bene per i lavoratori. La casa automobilistica non ha fatto presente nessun piano industriale vincolante sull’Italia: quando arriveranno parole rassicuranti seguite da fatti?