Le difficoltà di Stellantis stanno diventando un leitmotiv amaro che ogni mese (quando non ogni settimana) regala qualche brutta sorpresa. Così, anche CNH Industrial, gigante nel settore agricolo e delle macchine per il movimento terra, si trova in una parabola discendente. L’azienda, principale nome tra gli importanti investimenti del gruppo Exor della famiglia Agnelli-Elkann, sta affrontando una crisi profonda.
Lo stabilimento di Jesi, un tempo fiore all’occhiello della produzione di trattori, sta finendo nel baratro della chiusura dei battenti. I numeri parlano per l’azienda (se non questi, cosa potrebbe farlo?): su 915 lavoratori, ben 127 hanno preferito accettare un’uscita volontaria, attratti dagli incentivi economici. L’azienda sostanzialmente in mano a Exor resta con in mano un futuro sempre più incerto.
Solo tre anni fa, Jesi produceva oltre 17.000 mezzi agricoli all’anno; oggi fatica a superare le 10.000 unità. Questo mese, inoltre, la produzione si fermerà per dieci giorni, segno di una crisi che sembra inarrestabile. Il calo della domanda ha colpito duramente CNH: fino ai primi mesi del 2023 l’azienda registrava profitti record con le vendite di trattori, escavatori e altre macchine fondamentali nel settore dell’agricoltura e dell’edilizia. In pochi mesi, si è passati dagli annunci di crescita ai piani di solidarietà e cassa integrazione.
CNH non è un’azienda di poco conto, non lo è mai stata. Conta 14.000 dipendenti in Europa, di cui 4.500 solo in Italia. Calate drasticamente le previsioni di profitto per il 2024, si sta cercando adesso di mettere una pezza. Dietro questo crollo, però, sembra essere colpevole una gestione aziendale miope, incapace di adattarsi. Non si tratta solo della crisi economica: assenza di investimenti e progetti per il futuro hanno paralizzato un’azienda che è rimasta aggrappata a un modello arretrato.
I prodotti dell’azienda erano pensati per piccoli agricoltori italiani ed europei, lavoratori che ora non possono permettersi nuovi acquisti a causa dei costi crescenti. Diversi Paesi europei preferiscono appoggiarsi ad altri produttori, lasciando CNH indietro con macchine troppo piccole per le esigenze attuali di un’agricoltura in espansione.
Nel primo semestre del 2024, CNH ha visto un calo del 16% del fatturato, con i profitti crollati da 710 milioni a 438 milioni di dollari. L’azienda attribuisce parte della crisi all’instabilità globale, dai conflitti in Ucraina e Palestina alla politica restrittiva della BCE. I lavoratori che hanno contribuito per decenni alla crescita di un grande nome italiano come CNH, restano attualmente messi da parte, senza investimenti di lungo respiro. Il destino dell’azienda sembra davvero in bilico.