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Dazi, l’UE senza scrupoli respinge la proposta cinese del prezzo minimo di 30mila euro come alternativa

Ursula Von der Leyen

L’Unione Europea ha respinto la proposta del governo cinese relativa alla fissazione di un prezzo minimo di vendita per i veicoli elettrici importati e fabbricati in Cina pari a 30mila euro. A riferirlo sono tre fonti, testimoniando la difficoltà di una trattativa che ha l’intento di evitare l’apposizione di tariffe aggiuntive da parte dell’UE per il prossimo mese.

Già un mese fa la Commissione europea aveva dichiarato di aver respinto le offerte di prezzo minimo avanzate dai produttori di veicoli elettrici in Cina nell’ambito dell’indagine sulle sovvenzioni che ha trascinato Pechino e l’Unione Europea in quella che è considerata la loro più grande controversia commerciale degli ultimi dieci anni.

Pechino ha già iniziato a mettere in campo la sua risposta colpendo i produttori di brandy europei. La tariffa applicata ai distillati provenienti dall’eurozona è infatti pari al 39% del loro valore. Una mossa che ha provocato la protesta di Valdis Dombrovskis, commissario lettone al commercio che forse pensa di essere all’inizio del passato secolo, quando il gigante asiatico era una colonia.

I dettagli non sono ancora noti

I dettagli specifici dei compromessi proposti nei negoziati tra i due attori della crisi in atto non sono stati ancora resi noti. Le fonti cui si riferisce Reuters nella diffusione della notizia, hanno a loro volta rifiutato di essere identificate, in quanto gli stessi sono riservati. Mentre il Ministero del Commercio cinese e la Commissione Europea non hanno risposto immediatamente alle richieste di commento.

BYD Dolphin

Alla base del dissidio, c’è l’evidente incapacità da parte delle case automobilistiche europee di competere con le auto elettriche cinesi. Stando ai dati che sono stati diffusi nel 2023 da JATO Dynamics, i veicolo green prodotti all’interno del territorio cinese costano in media meno della metà rispetto a Europa e Stati Uniti.

Un dato che, secondo la Commissione Europea, non deriva solo dal fato che le case automobilistiche del gigante asiatico beneficiano di una serie di vantaggi in termini di costi, dall’accesso locale alle materie prime e alle batterie, ma anche di ingenti sussidi da parte di Pechino. Dimenticando che anche le case occidentali ne stanno usufruendo, tanto che senza aiuti statali le auto elettriche non si venderebbero o quasi.

Dazi, il controsenso dell’Unione Europea è del tutto evidente

Il prezzo medio al dettaglio di un’auto elettrica a batteria in Cina si attestava nella prima metà del 2023 intorno ai 32mila euro, ma come nel caso della BYD Seagull possono arrivare sotto i 10mila. Se non ci fosse ideologia dietro le scelte di Bruxelles, si darebbe il via libera proprio alle elettriche cinesi, in modo da farle penetrare anche in quegli strati popolari oggi esclusi da questo mercato.

Come compensazione, le case europee potrebbero essere lasciate libere di vendere le auto termiche senza le varie tagliole, come quella del 2025, quando gran parte di loro, pur taroccando i livelli di vendita, saranno costrette a versare ingenti multe per il mancato rispetto degli obiettivi ambientali UE.

Case europee che sono invece costrette a produrre auto elettriche caratterizzate da prezzi medi pari a 66mila euro. Al dato nudo e crudo fornito sempre da JATO Dynamics si aggiunge il fatto che la maggior parte dei modelli più economici in fase di sviluppo, a circa 20mila euro, non dovrebbero arrivare sul mercato prima del 2025. Nella migliore delle ipotesi, considerato che un veicolo elettrico da 20mila euro di Volkswagen dovrebbe essere disponibile solo a partire dal 2027.

Aiways U5

Dal canto loro, le case automobilistiche cinesi, a partire da SAIC, stanno fissando il prezzo dei loro modelli elettrici appena sopra i 30mila euro in Europa. Un livello reso possibile dalla flessibilità della politica commerciale e dalla capacità di fare sistema. Diventando un irresistibile fattore di attrazione in Europa. Le stesse case europee si stanno opponendo ai dazi, coscienti che la partita non può essere giocata sui livelli di protezionismo, chiedendo al contempo una revisione delle politiche UE sull’automotive.

Il tempo sta per scadere

Ogni giorno che passa restringe la possibilità di un accordo tra UE e Cina. Per le case automobilistiche europee, però, il conto da pagare potrebbe essere estremamente salato. I marchi cinesi hanno già fatto sapere di non essere intenzionati a ritoccare i listini, almeno per ora. Anche se mettessero in conto ai clienti le nuove tariffe, o una parte del sovrapprezzo, i loro modelli sarebbero comunque ancora convenienti.

Per le case europee, al contrario, l’applicazione di dazi da parte di Pechino comporterebbe la pratica esclusione dal più grande mercato automobilistico mondiale. Un’ipotesi che fa tremare i polsi soprattutto dalle parti di Berlino. Le grandi case tedesche (BMW, Mercedes e Volkswagen), dipendono infatti per circa un terzo delle proprie vendite dalla Cina.

Non a caso la Germania ha votato contro i dazi e chiede con forza una soluzione negoziata del conflitto commerciale. Il settore automotive tedesco è in grande sofferenza, come dimostra il caso di Volkswagen, ormai sull’orlo del baratro. Rinunciare alle vendite cinesi rappresenterebbe un peso probabilmente insopportabile per le auto Made in Germany.

Ma non sarebbe solo la Germania a pagare un prezzo alla rigidità ideologica di Von der Leyen e soci. L’Italia, ad esempio, ha già dovuto dire addio all’ipotesi di attrarre Dongfeng sul suo territorio. E molte aziende cinesi che avevano in programma lo sbarco in Europa con loro stabilimenti, non arriveranno più. Il governo cinese, infatti, ha consigliato alle proprie imprese di non investire nel Vecchio Continente. E i consigli di Pechino sono da interpretare alla stregua di ordini.

Dazi UE, cosa potrebbe accadere, ora

Il prossimo 31 ottobre, in caso di mancato accordo, scatteranno i dazi aggiuntivi sulle auto elettriche cinesi. Per effetto dei quali per il prossimo quinquennio sugli stessi graverà un ulteriore carico del 45%. Se si intende proteggere l’industria automobilistica europea, però, si dovrebbe avere il coraggio di dire che non si perseguono obiettivi ambientali.

Modelli BYD in esposizione

La conseguenza dei dazi, infatti, allontanerebbe ancora di più l’ipotesi di poter avere auto elettriche economiche. I produttori europei sono molto in ritardo su questo versante, rispetto ai cinesi. I veicoli green di Pechino darebbero la possibilità anche alle classi popolari di accedere a questo particolare mercato. In caso contrario, l’auto elettrica resterà appannaggio della classe media o di quella maggiormente benestante. E, quindi, largamente minoritaria.

Basta in effetti vedere quello che sta accadendo in vista del 2025, con le case europee che stanno gonfiando i dati delle vendite di auto elettriche. I livelli di prezzo attuali rendono improponibile il loro acquisto alla stragrande maggioranza della popolazione europea.

Basti pensare in tal senso che, stando a una delle fonti di Reuters, l’UE considera congruo un prezzo minimo tra i 35mila e i 40mila euro, per i veicoli elettrici cinesi. Un prezzo assolutamente fuori portata per moltissimi consumatori. Parlare di Green Deal in queste condizioni, sembra un vero e proprio scherzo.

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