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Alfa Romeo MiTO Cabrio, come si arrivò a quel ‘no’ di Marchionne

Sebbene la MiTo Cabrio avrebbe potuto avere un buon impatto estetico e, potenzialmente, successo, si preferì essere prudenti.

Alfa Romeo MiTO Cabrio

L’allora amministratore delegato di FCA disse “no” alla versione cabrio dell’Alfa Romeo MiTo. La rivelazione sul compianto Sergio Marchionne arriva da Juan Manuel Díaz, noto designer argentino che ha lavorato per il Biscione tra i primi anni Duemila fino al 2010. È stato lui che ha firmato progetti iconici come, appunto, la MiTo, la 8C Competizione e la Giulietta.

Chi, meglio di lui, può dare una testimonianza di quanto accaduto allora, in quegli anni di fermento in Alfa Romeo, anni ben lontani da quello che stiamo conoscendo ora come una sorta di “crisi di identità”. Secondo Díaz, allora, la casa automobilistica sviluppò un concept di MiTo con tetto in tela retrattile e quattro posti, ma il progetto non andò oltre l’idea.

Alfa Romeo MiTO Cabrio

Marchionne, il “manager in pullover”, non prevedeva un mercato per una versione cabrio, bloccando così il progetto. Díaz sostiene come il vero problema dell’azienda (già allora?) fosse il marketing, citando anche il caso del SUV Kamal, che era pronto per la produzione nel 2006 ma venne cancellato per la convinzione errata che la moda dei SUV fosse già pronta a tramontare.

Nonostante il grande successo della MiTo, con 300.000 unità vendute in un decennio, grazie anche a un design ispirato alla leggendaria 8C Competizione, Marchionne decise di non lanciare la cabrio, che avrebbe potuto competere con altri modelli scoperti come la MINI e l’Audi A3.

Alfa Romeo MiTO Cabrio

Marchionne, colui che molti definiscono il salvatore di Fiat, abbia commesso qualche errore, la maggior parte delle sue previsioni si rivelò esatta, come il fallimento dell’attuale modello di auto elettrica o il suo rifiuto di un’alleanza con i francesi di PSA (“Mai coi francesi”), che riteneva un accordo incerto. Il manager preferì concentrare le risorse dell’azienda su progetti più redditizi e sicuri, proteggendo i profitti.

Anche se la MiTo Cabrio avrebbe potuto avere un buon impatto estetico e potenzialmente successo in una nicchia di mercato, la scelta di puntare su prodotti più solidi si rivelò prudente. La cabrio avrebbe potuto presentare complessità legate al funzionamento della capote, al servosterzo e all’impianto elettrico del baule. I numeri di vendita previsti non sembravano giustificare le spese necessarie per adattare le linee di produzione. Probabilmente, semplicemente, non era il momento giusto per lanciare una MiTo Cabrio.

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