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Il vero pericolo per l’automotive europeo non è il 2035, ma il 2025. Parola di Renault

Concessionaria Renault

Il dibattito sul futuro dell’industria automobilistica europea sta assumendo toni sempre più accesi. Una tendenza favorita del resto da scelte istituzionali che sembrano andare nella direzione opposta a quella che servirebbe e che è stata ormai da tempo segnalata dalle stesse case automobilistiche del vecchio continente.

In questa discussione si va ora a inserire anche il punto di vista di Renault, espresso per bocca di Raffaele Fusilli, CEO di Renault Italia, il quale riesce ad offrire una prospettiva diretta e pragmatica, espressa da uno dei gruppi che, pure, è riuscito meglio ad affrontare il momento negativo dell’industria automobilistica. Lo fa nell’ambito di un’intervista concessa a Affaritaliani, in cui affronta i temi che sono al momento all’attenzione del settore.

Il 2025 è un vero e proprio spartiacque

Fusilli è partito da un punto chiave della discussione in atto: “Il 2025 rappresenta un spartiacque fondamentale per il nostro settore. I limiti imposti dalla regolamentazione CAFE richiedono una drastica riduzione delle emissioni medie a 94,6 grammi per chilometro. Questo obiettivo, anche se teoricamente condivisibile, è estremamente ambizioso e rischia di destabilizzare un sistema che non è ancora pronto. Oggi, la quota di mercato delle auto elettriche è sotto il 15%, e immatricolarne oltre il 20% in così poco tempo richiede uno sforzo titanico, sia sul fronte industriale che infrastrutturale.”

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Un punto di vista difficilmente confutabile, al di là del modo in cui l’Unione Europea sta cercando di forzare i tempi in vista del Green Deal. E la conseguenza prevedibile di questo modus operandi potrebbe presto tradursi in un clamoroso urto contro gli scogli.

Le parole di Fusilli al riguardo sono molto chiare: “Il rischio è duplice. Da un lato, le multe: parliamo di potenziali sanzioni fino a 16 miliardi di euro, risorse che dovrebbero invece essere destinate all’innovazione e alla transizione elettrica. Dall’altro, l’alternativa è ridurre drasticamente la produzione di auto tradizionali, con l’impatto devastante che ciò comporterebbe sull’occupazione e sulla stabilità economica. Acea ha stimato che per rispettare i limiti bisognerebbe fermare la produzione di circa 2 milioni di auto e 700 mila van, il che significherebbe chiudere diverse fabbriche per un anno. È uno scenario nero che dobbiamo evitare”.

Come fare per raddrizzare la barca?

La ricetta di Renault, riguardo al problema delle multe è ormai chiaro da tempo. Espresso del resto dal suo numero uno, Luca de Meo, nell’ultima parte del suo mandato in veste di presidente di ACEA. Stiamo ovviamente parlando di un rinvio della scadenza originariamente prevista per il 2025, al 2027. Secondo Fusilli, si tratterebbe non di un passo indietro, ma di una misura di buon senso tesa a rendere possibile un adattamento del mercato.

Non meno importante, però, è la questione dei finanziamenti. E anche qui le parole di Fusilli sono molto chiare, impossibili da equivocare: “Inoltre, l’Europa deve rivedere la sua strategia: non possiamo limitarci a regolare e sanzionare, mentre Cina e Stati Uniti sostengono con investimenti diretti l’intero ecosistema della mobilità elettrica. L’Europa deve giocare la stessa partita, stimolando domanda e produzione con incentivi strutturati”.

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Il problema, in questo caso, è che molti Paesi, in particolare i più grandi in ambito UE (Italia, Francia e Germania) hanno ormai tolto di mezzo gli incentivi diretti all’acquisto di auto elettriche. Hanno quindi scaricato sul mercato il compito di diffondere le auto elettriche ed evitare le multe che si prospettano. Su questa strada, però, i rischi sono molti. A partire dalla perdita di decine di migliaia di posti di lavoro. Con un corollario ulteriore, che andrà poi a ricadere sulla politica: la vera e propria ribellione di vasti strati di popolazione, che del resto è già evidente a livello elettorale.

Renault è in prima linea nella transizione, ma…

Naturalmente, Fusilli non manca di affrontare il tema relativo alla transizione, affermando che Renault è in prima linea, in tal senso. Queste le dichiarazioni, al proposito: “La nostra strategia si punta sull’innovazione, la sostenibilità e le partnership strategiche. Siamo consapevoli che il cambiamento non si limita al prodotto: è necessaria un’energia più pulita e infrastrutture adeguate. Proprio per questo stiamo investendo anche nella catena del valore, per garantire una crescita sostenibile e competitiva”.

C’è però bisogno che anche le istituzioni facciano la propria parte, per consentire all”industria automobilistica europea di non perdere terreno a livello globale. E per riuscirci la strada è quella di un approccio unitario, in cui aziende, istituzioni, ONG, scienziati e sindacati collaborino alla definizione di una politica industriale chiara e coerente. “Non possiamo continuare con 10 nuovi regolamenti ogni anno. Dobbiamo puntare su uno sviluppo strategico condiviso, dove il prodotto auto sia solo una parte di un sistema più ampio e sostenibile”: questa la strada giusta secondo Renault.

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