Ferrari lega strettamente la sua immagine alle auto sportive e prestazionali, ma non tutte le “rosse” uscite da Maranello sono state dei missili ruotati. Tra i modelli meno incisivi, in termini di potenza e perfomance, un posto di particolare rilievo va alla Dino 208 GT4 del 1975, la cui reputazione è ulteriormente aggravata dallo stile poco eccitante della carrozzeria, almeno in rapporto alle aspettative indotte dalle sue origini.
Anche sul piano filosofico non è al top, se si considera che Enzo Ferrari amava le alte cavallerie, convinto che potessero sopperire a eventuali carenze telaistiche o aerodinamiche. Dopo la Ferrari 208 GTB del 1980, che aveva uno stile da antologia, la Dino 208 GT4 è stata la vettura di Maranello meno potente dell’ultimo mezzo secolo.
Sotto il cofano posteriore, infatti, pulsa un motore V8 di soli 2 litri di cilindrata: una scelta non proprio fatta col cuore aperto. Ad imporla ci pensò la penalizzazione IVA per le vetture di cilindrata superiore a quella soglia, varata dal governo italiano del tempo. Così, per la clientela del Belpaese, fu pensata questa versione light della più vibrante 308 GT4, da cui riprendeva tutto, fatta eccezione per l’unità propulsiva, non più di 3.0 litri.
Il ridimensionamento avvenne con una riduzione dell’alesaggio. Ovviamente la potenza scese in modo significativo, come il livello delle performance. Qui le scariche di adrenalina erano meno intense in accelerazione, ripresa e velocità, ma il comportamento dinamico rimaneva di alta gamma, per la bontà del telaio, dell’assetto e della distribuzione dei pesi. Questo equilibrio, però, rendeva ancora più indigesta la scarsa energia offerta dal motore che, sulla Dino 208 GT4, erogava una potenza massima di 170 cavalli a 7700 giri al minuto, su un peso a secco di 1150 chilogrammi.
La punta velocistica si fermava a 220 km/h ed anche lo scatto non lasciava a bocca aperta. Per correre a Monza, alla Targa Florio o a Le Mans ci voleva dell’altro. Il modello non voleva illudere su questo fronte e si offriva per ciò che era. A pesare sullo scarso appeal sensoriale, come già detto, ci pensava pure il design. Le sue linee squadrate, disegnate da Bertone, erano poco sensuali, specie se rapportate a quelle sinuose ed armoniche della Dino 206 GT.