Alla fine degli anni Trenta, il mondo delle corse automobilistiche era saldamente nelle mani di Mercedes e Auto Union, le cui monoposto, finanziate dal governo tedesco, sfrecciavano sui circuiti con una superiorità schiacciante. Per mantenere la propria competitività nonostante risorse economiche nettamente inferiori, Alfa Romeo aveva bisogno di una vettura innovativa, capace di riscrivere le regole della velocità.
La sfida ambiziosa, venne affidata all’ingegno di Wifredo Ricart. L’ingegnere spagnolo partì da zero, concependo soluzioni tecniche avveniristiche che avrebbero anticipato di almeno uno o due decenni le configurazioni destinate a diventare lo standard in Formula 1. Tra queste, la disposizione del propulsore avrebbe segnato un punto di svolta nella storia dell’automobilismo.
Mentre i competitor puntavano su poderosi motori anteriori, Ricart scelse una strada rivoluzionaria. Sviluppò un’unità boxer a dodici cilindri, montata longitudinalmente alle spalle del pilota, subito davanti all’asse posteriore.
Questo propulsore, dotato di doppia sovralimentazione mediante compressori volumetrici, aveva una cilindrata contenuta a soli 1500 cc, quasi la metà rispetto alle rivali, ma riusciva a sprigionare ben 335 cavalli a 8000 giri al minuto. Un risultato impressionante, reso ancora più efficace dalla particolare architettura “piatta” del motore boxer, una configurazione mai vista. Questa scelta tecnica garantiva stabilità e aderenza della Alfa Romeo in curva.
L’Alfa Romeo Tipo 512 Gran Premio non era solo potenza pura: il suo design era studiato nei minimi dettagli per offrire la massima efficienza aerodinamica. La carrozzeria snella, con un muso affusolato e una coda slanciata, le conferiva un aspetto futuristico. Le potenzialità c’erano tutte per segnare una nuova era nelle competizioni motoristiche.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, però, spazzò via ogni possibilità di vedere l’Alfa Romeo Tipo 512 gareggiare, interrompendo le competizioni e lasciando il progetto incompiuto. Di questo straordinario prototipo ne esistono solo due esemplari, entrambi sopravvissuti fino ai giorni nostri. Oggi, uno è custodito gelosamente al Museo Alfa Romeo di Arese, mentre l’altro è esposto al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.