I dazi del 25% sulle auto importate negli USA e costruite fuori dal suolo statunitense stanno già producendo degli effetti. La misura, prospettata dal presidente Donald Trump, dovrebbe entrare in vigore il 2 aprile, pesando come un macigno sull’industria a quattro ruote della vecchia e cara Europa. Gli effetti saranno meno pesanti per la Ferrari, nonostante la consistenza di quel bacino di sbocco in termini di volumi commerciali per i suoi prodotti. Lo specifico target di clientela, infatti, può permettersi di pagare le auto da sogno del costruttore emiliano a un prezzo più alto, senza patire troppo la cosa. A fare il resto ci pensa il prestigio del marchio, che non ha eguali.
In ogni caso, i manager del “cavallino rampante” sono stati molto tempestivi nel rispondere alle scelte del governo a stelle e strisce, con un aumento dei prezzi fino al 10% su alcuni modelli della gamma, fatta eccezione per quelli importati prima del 2 aprile. Altri, invece, saranno risparmiati dai rincari, assorbiti in modo diverso dalla casa di Maranello. Quest’ultima conferma i target finanziari per l’anno in corso, anche se c’è il rischio di una perdita di redditività.
La politica dei dazi messa in atto dal presidente Donald Trump sta scombussolando degli schemi commerciali consolidati a livello globale, creando scompiglio sui mercati reali e finanziari. Anche la Ferrari sarà colpita dalle misure protezionistiche annunciate, ma a differenza di altri costruttori incasserà meglio il colpo, nonostante gli USA siano il suo principale bacino di sbocco.
L’appeal del marchio e la forza economica dei suoi clienti non li scoraggerà dall’acquisto, nonostante l’aggiustamento al rialzo dei prezzi. Questi saranno fino al 10% sul listino del marchio, ma non riguarderanno tutti i modelli della gamma attuale. Si concentreranno solo sulla Purosangue, sulla 12Cilindri e sulla F80, con riferimento, ovviamente, ai soli esemplari esportati negli Stati Uniti d’America.
Visti i prezzi delle auto citate e le somme spese per la loro personalizzazione, l’aumento previsto non dovrebbe incidere sulla propensione all’acquisto, anche in virtù delle finanze solide della clientela Ferrari. Rimarranno invariati, invece, i prezzi della Roma, delle 296 e delle SF90, assorbiti in altro modo. La casa di Maranello è stata, forse, il primissimo costruttore a reagire in modo così tempestivo ai dazi del 25% imposti dal presidente Donald Trump sui veicoli importati negli Stati Uniti. Anche qui si vede che è un marchio ad alte prestazioni.
Ricordiamo che nel 2024 sono state vendute 13.752 Ferrari a livello globale. Ben 3.452 di queste sono finite negli USA, storico mercato di riferimento, in termini di volumi, per l’azienda del “cavallino rampante”. Per rendere più chiaro il concetto, basta dire che una “rossa” su quattro venduta nel mondo finisce sul suolo americano.
Secondo gli analisti, l’aumento dei prezzi non scoraggerà i clienti del “cavallino rampante”, la maggior parte dei quali, fra l’altro, hanno negli Stati Uniti più di un modello del marchio in garage. Questo non dà carta bianca alla casa di Maranello, che sente il dovere di ponderare bene le sue scelte di posizionamento sul listino, perché gli acquirenti sono la cosa più importante per Ferrari. Non si tratta di numeri, ma di persone che lavorano per concedersi uno shopping di fascia così alta. Ecco perché meritano il massimo rispetto, come fanno sapere dal quartier generale.
Fonte | Carscoops