Una Ferrari Purosangue è stata trattata dal reparto Tailor Made del “cavallino rampante”. In genere, quando ci siamo occupati del programma di personalizzazione interno della casa di Maranello, lo abbiamo fatto parlando di auto sportive a due posti secchi o, comunque, di natura più convenzionale rispetto a un SUV (o FUV che dir si voglia).
Oggi, invece, cambiamo registro, per raccontarvi una delle opere più recenti di questo dipartimento aziendale. Ci stiamo riferendo proprio a una Ferrari Purosangue, commissionata in una veste unica dal facoltoso committente, che si è appellato alla professionalità degli specialisti emiliani. Gli interventi, come al solito, hanno riguardato le parti visibili, non chiamando in causa la meccanica, lasciata nella configurazione standard.
I tratti espressivi della vettura più irrituale della storia del “cavallino rampante”, come sappiamo, portano la firma del capo designer Flavio Manzoni. Sfoggiano curve sinuose e potenti, che eccellono nell’ambito degli Sport Utility Vehicle. Peccato per il marchio portato sul cofano.
Con un altro logo questo mezzo avrebbe messo d’accordo molta più gente, per l’eccellente qualità del lavoro stilistico e per la straordinaria bontà della scheda tecnica, ma il concetto di auto ad abitacolo rialzato mal si concilia con la tradizione del mito di Maranello. Ovvio, quindi, che nascessero tanti mal di pancia sul tema, specie fra gli appassionati storici. I nuovi ricchi, meno legati alla cultura aziendale, hanno altre metriche e non fanno distinzioni di questa natura. Loro sono più inclini a seguire i trend generali, non avendo dogmi di natura religiosa.
Tornando alla Ferrari Purosangue sottoposta al lifting visivo dal reparto Tailor Made, questa sfoggia una singolare livrea. La carrozzeria, verniciata in Argento Siracusa, è attraversata in senso longitudinale da una striscia bicolore a effetto asimmetrico (ma è solo un’impressione ottica), dominata dall’Oro Chiaro, con una parte più scura in Grigio Perlato opaco. L’effetto, a mio avviso, è meno suggestivo che su altre opere nate nell’ambito dello stesso programma, ma ha una sua presa scenica. L’eleganza del modello è stata preservata. Per l’abitacolo sono stati scelti dei pellami Frau Camel, intonati ai cromatismi esteriori, che si legano alle grafiche generali.
Ricordiamo che la Ferrari Purosangue, pur essendo un SUV, ha un temperamento da supercar. Gran parte del merito può essere ascritto al motore, che si inserisce nel solco della migliore tradizione del marchio. Stiamo parlando di un magnifico V12 aspirato da 6.5 litri di cilindrata, in grado di sviluppare una potenza massima di 725 cavalli. Sono dei quadrupedi di razza, che inebriano durante la loro corsa.
Il vigore energetico è rappresentato solo in parte dai numeri, comunque al top, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 3.3 secondi e da 0 a 200 km/h in 10.6 secondi. La punta velocistica si inoltra nel territorio dei 310 km/h. Solo pochi anni fa cifre del genere sarebbero state impensabili per un SUV, ma la tecnologia ha fatto enormi progressi, consentendo anche a mezzi pesanti e dal baricentro alto di essere rapidi come fulmini, anche nei tratti guidati. Sublimi le musicalità meccaniche regalate al godimento dei sensi da questo monumentale cuore meccanico, imparentato con quello di altri “cavallini rampanti” dall’indole più sportiva.
Alla qualità dell’handling contribuisce il perfetto bilanciamento dei pesi (49% davanti, 51% dietro). Un equilibrio reso possibile dal ricorso allo schema transaxle, con motore disposto in posizione anteriore arretrata e cambio al posteriore: un layout inedito nel mondo degli Sport Utility Vehicle, proprio per sottolineare la natura specifica della Purosangue. Peccato per il deragliamento storico, filosofico e culturale, difficile da digerire per gli appassionati più conservatori come me. Il concetto di SUV, infatti, mal si coniuga col nome Ferrari, come la natura di vettura a quattro porte, portata dal modello al debutto commerciale in seno al listino del “cavallino rampante”.



