La trattativa tra Fiat Chrysler, Renault e Nissan, bruscamente interrotta lo scorso giugno, riprende slancio, grazie al crollo degli utili Nissan. Voci avvalorate da quanto pubblicato dal Wall Street Journal sulle mail scambiate tra i dirigenti del gruppo francese e della Casa nipponica per modificare i termini della loro partnership.
Il dialogo è ripartito sulla base dei pesi incrociati nell’alleanza franco-nipponica e un impegno di Parigi ad alleggerire progressivamente il peso (e di conseguenza l’influenza) nel futuro assetto del terzo polo mondiale automotive. Tutto ruota attorno a inediti equilibri azionari con una quota ridotta del 43,4 per cento da Renault in Nissan, che viceversa possiede il 15% del costruttore europeo senza però diritto di voto. Un cambiamento, il nulla osta dello Stato transalpino (socio di Renault al 15 per cento), che costituisce lo snodo nodo cruciale, su cui ormai da mesi proseguono i colloqui.
Fiat Chrysler Renault: l’alleanza aumenta sempre le probabilità
Il che riconduce all’attualità, alla fusione Fca Renault, progetto tramontato lo scorso giugno, per un clima politico avverso. Attualmente, restano sconosciuti i termini e i tempi con cui il nuovo piano potrà essere finalizzato. Insider riferiscono a Il Sole 24 Ore che due eventi hanno contribuito a riavvicinare le parti in causa. Il primo, accaduto durante l’assemblea Renault dello scorso 12 giugno, vede come protagonista il presidente Dominique Senard.
Allora l’alto dirigente, che nelle trattative con il colosso italo-americano si era fatto garante di due fattori cruciali, ossia l’approvazione del Governo francese e dell’impossibilità da parte di Nissan di porre veti, col crescere delle pressioni pubbliche e l’intervento del partner nipponico, ha provveduto a mandare un messaggio chiaro e diretto, interpretato da molti come una sorta di aut-aut a Macron e Le Maire: sfiducia immediata oppure benestare all’iniziativa con Fca che lui stesso ha definito “eccezionale”. Le istituzioni paiono aver così scelto la seconda opzione, dando, con la rinnovata fiducia, un chiaro mandato a Senard di riprendere i discorsi interrotti.
Il secondo evento favorevole all’avvio di un tavolo concreto tra lo stesso Senard e John Elkann, presidente di Fca, risale alla settimana scorsa; nel momento in cui Nissan ha comunicato i risultati del primo semestre. Sia a Parigi sia a Torino attendevano con trepidazione i dati rilasciati perché immaginavano un quadro non particolarmente roseo. Previsioni corrette: gli utili son crollati del 95 per cento nel periodo gennaio-giugno, a 6,4 miliardi di yen (54 milioni di euro). A incidere soprattutto il netto calo delle vendite registrate nel Vecchio Continente e negli Stati Uniti.
È innegabile, raccontano fonti vicine, che gli ultimi risultati incidano sensibilmente sulla posizione di Nissan, indebolita rispetto a due mesi fa, insieme al suo CEO Hiroko Saikawa, uno dei principali responsabili del mancato accordo Fca Renault, e la cui permanenza al vertice dell’organigramma viene ora messa in seria discussione. Che sia più debole oppure si cambi guida, la situazione sta assumendo sempre più contorni favorevoli al progetto discusso, ormai da tempo, tra Elkann e Senard.
Mike Manley e Bolloré interessati a sentire
Nonostante gli ostacoli, Fca è ancora “interessata a sentire”, spiega Mike Manley in un’intervista rilasciata al Financial Times. In quanto un’intesa assicura “sinergie significative e che la logica industriale che era presente in precedenza sussiste ancora”. “Se le circostanze dovessero cambiare – aggiunge Manley –, allora forse i sogni si incontrano e le cose possono accadere”. Fca ha un solido futuro come “azienda indipendente”, ma ciò “non significa che, se ci fosse un futuro migliore attraverso un’alleanza, una partnership o una fusione, non saremmo aperti e interessati”.
Lo scorso 29 luglio Thierry Bollorè, direttore generale di Renault, contattato da Les Echos, mosse un primo passo: “Non abbiamo mai visto un progetto così sinergico, e creatore di valore a beneficio di Renault. Mai”.
Dopo la comunicazione di Renault di non poter scegliere “a causa della richiesta dei rappresentati nello Stato francese di posticipare il voto” e le pretese in continuo aumento, il numero uno di Fiat Chrysler, John Elkann, e l’amministratore delegato, Mike Manley, avevano gettato la spugna. “La proposta, il suo tempismo ed equilibrio – riportava una nota – erano corretti. La scelta di interrompere il dialogo non è stata presa con leggerezza. Ma con un obiettivo in mente: proteggere gli interessi della nostra società”.
Versanti opposti
“Persino la miglior proposta, come lo era questa – precisava il presidente di Fca – ha poche possibilità di raggiungere il successo finale se le sue fondamenta si rivelano instabili alla prova dei fatti”. Insomma, andava presa una decisione in coscienza. “Ci vuole coraggio per iniziare un dialogo come abbiamo fatto noi. Quando però le conversazioni vengono portate fino al punto oltre il quale diventa irragionevole spingersi – concludeva – è necessario essere altrettanto coraggiosi per interromperle. E ritornare all’importante lavoro che abbiamo da fare”.
Allora Bruno Le Maire, Ministro dell’Economia francese, non negò che la riluttanza dipendesse dal mancata assenso strappato a Nissan. “La nostra prima esigenza era che fosse siglata nel quadro dell’alleanza tra Renault e Nissan – raccontava -. Questo presupponeva che i rappresentanti di Nissan, presenti nel consiglio di Renault, votassero a favore del progetto. Mercoledì sera questa condizione non è stata rispettata: il nostro partner si sarebbe astenuto in caso di voto nel consiglio di Renault”.
“Avremmo potuto prendere altro tempo per ottenere il suo appoggio, necessario al lancio della fusione, su basi chiare e solide. Oltretutto il mio viaggio in Giappone nel fine settimana, per il G20 finanziario, mi permetteva di proseguire le discussioni con i nostri partner giapponesi. Ma Fca ha fatto una scelta diversa. Da parte nostra, noi abbiamo agito sin dall’inizio con coerenza e fermezza”, concludeva Le Maire.