Fra M5S e auto non corre buon sangue. Lo dimostra la vicenda del bonus-malus sulle auto che emettono CO2: una legge inutile, dannosa, confusa, che non ha portato assolutamente a nulla. Né fra i privati né nel settore business. Ora i grillini, in accoppiata con il Pd, combinano un altro pasticcio: le tasse sulle auto aziendali.
Qualche giorno fa, arriva la stangata: le tasse sulle auto aziendali. Quali? Quelle in uso promiscuo ai dipendenti. Un benefit, in tempi di magra. Il dipendente riceve dall’azienda l’auto, così non la compra. Non è un aumento, ma un beneficio. Un bel risparmio, visto che comprare e mantenere una vettura costa un occhio della testa, perfino se si acquista un catorcio usato. Ma ecco il governo giallorosso esibirsi in un contorsionismo come pochi in passato se ne sono visti: nella bozza del disegno di bilancio 2020, l’esecutivo piazza le tasse sulle auto aziendali.
Tasse triplicate
Risultato dell’ideona geniale del governo: dal 1° gennaio 2020, imponibile tassabile moltiplicato addirittura per tre. Una legnata nei denti. Tale da ridefinire sia le percentuali degli aumenti sia le categorie di auto interessate. Di conseguenza, la filiera si oppone. Con toni (fin troppo) pacati, ma fermi. Su tutti, Gianfranco Martorelli, presidente di Top Thousand, l’Osservatorio sulla mobilità aziendale composto da Fleet e Mobility Manager di grandi aziende nazionali e multinazionali attive in Italia, che abbiano sentito personalmente: “Questa misura rischia di penalizzare fortemente un settore come quello dell’automotive, che invece avrebbe bisogno di un valido sostegno. Non tiene conto delle violente ripercussioni per le aziende italiane, dato che la vettura aziendale è oggi il principale strumento di incentivazione manageriale”.
Qual è l’aspetto inquietante della vicenda? Semplice: la vettura aziendale a uso promiscuo viene utilizzata principalmente per l’attività lavorativa. Poco per il privato. Come diavolo pensa il governo di giustificare una tassazione al 100% del fringe benefit?
Effetto domino
Le aziende dovrebbero farsi carico di ulteriori costi per limitare l’impatto economico sui propri dipendenti. Morale: ci sarà la restituzione delle vettura aziendale. E se la ditta non dà l’auto al dipendente, in cambio deve dargli denaro in busta paga. Si chiama compensazione economica. Le tasse sulle auto aziendali sono cose da anni 1980, quando l’economia aveva il vento in poppa. Oggi, a parte i politici di Roma con stipendi da copogiro, le cose sono cambiate: disoccupazione ai massimi, e stipendi miseri, con aziende in difficoltà. Assurdo infierire.
Nelle scorse ore, a rendere ancora più malinconica la vicenda, la retromarcia parziale del ministero dello Sviluppo economico: dalle tasse sulle auto aziendali saranno escluse le auto ibride, le elettriche e quelle in uso ad agenti e rappresentanti di commercio. Mentre, per le altre auto, la quota di imponibile salirà dal 30% al 60%. L’impennata del 100% riguarderà le auto con emissioni di biossido di carbonio sopra i 160 g/km.
L’ultima versione
Il fringe benefit resta tassato al 30% se l’auto aziendale concessa in uso promiscuo al dipendente (per lavoro e per tempo libero) è elettrica del tutto o ibrida. Oppure se è in uso ad agenti o rappresentanti di commercio. La tassa raddoppia dal 30 al 60% se l’auto ha emissioni di CO2 fino a 160 g/km. La tassa sale al 100%, se le emissioni supereranno questa soglia: un aumento di più del triplo, visto che si passa dal 30 al 100%. Mossa retroattiva: vale per i contratti vecchi e nuovi dal 1° gennaio 2020.
I calcoli dell’Aniasa
Sentiamo l’Aniasa, l’Associazione dell’autonoleggio e dei servizi automobilistici aderente a Confindustria: “Nel caso di aumento al 60% del coefficiente per percorrenza privata, il dipendente si troverebbe a pagare circa 1.500 euro annui, un aumento del costo auto del 100%, importo non indifferente per un dipendente con stipendio medio”. Di fronte a questo inasprimento fiscale, è preventivabile una riduzione per il primo semestre 2020 di almeno il 10% delle immatricolazioni uso noleggio lungo termine (30.000 unità). Sono minori entrate per l’Erario e per gli enti locali pari a 190 milioni di euro. Minori entrate che schizzano a 260 milioni considerando l’intero comparto dell’auto aziendale. Insomma, qui ci pèrdono tutti. L’idea del governo giallorosso è disastrosa.
È la soluzione? No. La verità è amara: la norma in bozza di disegno legge bilancio 2020 è nata storta. Andrebbe buttata. Invece, la prima raddrizzata la rende solo meno odiosa. Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia, ha detto: “In Parlamento, la norma potrebbe essere ulteriormente migliorata”.
Dunque vediamo se abbiamo capito bene. I politici fanno una pessima bozza di disegno legge bilancio 2020 (fondamentale per il futuro del Paese barcollante). La imbellettano. Tanto poi se ne ridiscute in Parlamento. Così nascono le regole sulle auto aziendali in Italia. Traetene voi le conclusioni. Nel frattempo, l’Europa ci ride dietro: in altri Paesi del Vecchio Continente, l’auto aziendale è detraibile del tutto. Noi andiamo in direzione opposta. E andiamo anche contro il mercato: con le tasse sulle auto aziendali, si vendono meno auto. E contro l’economia in generale. Lo chiameremo ministero del Regresso economico.